Venezia: Tsai Ming-liang, spero sia mio ultimo film

VENEZIA. – Per Tsai Ming-liang, malese che produce i suoi film a Taiwan, uno dei cineasti orientali più amati e premiati degli ultimi anni, vincitore, fra gli altri, di un Leone d’oro al Lido nel 1994 con Vive l’amour e due Orsi d’argento a Berlino con Il fiume e Il gusto dell’Anguria, Jiaoyou (Stray Dogs), con cui è in gara quest’anno a Venezia, potrebbe chiudere la sua storia di cinema. Stavolta il regista mette in scena la vicenda di un padre che vive per strada con i due figli (i ‘cani randagi’ del titolo, ndr), cercando comunque di mantenere un’idea di famiglia. ”Spero che Stray Dogs sia il mio ultimo film – dice sorridendo il cineasta – ma credo nel destino, sono solo una sua pedina”. Un addio, almeno al lungometraggio, che il regista, a soli 55 anni vorrebbe dare, ”perché non riesco a fare film per un sistema che vorrebbe limitare la mia creatività. Negli ultimi 4 anni molti si chiedevano dove fossi finito, in realtà ho continuato a girare corti. Non ho mai sprecato un’opportunità. Se Stray Dogs fosse l’ultimo film, non mi dispiacerebbe, ne sono molto soddisfatto, come lo sono di tutti gli altri”. Secondo lui oggi il pubblico ”è assuefatto soprattutto al cinema americano, commerciale, ma prima o poi se ne stancherà”. Nel 2013, aggiunge ”esiste ancora la censura, per ogni forma di creatività, ma più che dalla politica è dettata dai soldi. In questo film, proprio perché abbiamo girato con poche risorse, siamo stati molto liberi”. Stray Dogs, accolto da applausi alla fine della proiezione della stampa, ha come protagonista l’attore feticcio del cinema di Tsai Ming-liang, Lee Kang-sheng, che si candida alla Coppa Volpi per l’intensità della sua performance (tra i momenti più belli una scena in cui per il personaggio, ubriaco, un cavolo cinese, che finisce per divorare, diventa lo specchio di rabbia, desiderio e dolore della propria vita). Qui si cala nei panni del padre di due bambini, con cui vive a Taipei dormendo in palazzi diroccati e lavandosi nei bagni pubblici. Lui racimola qualche soldo facendo ‘l’uomo sandwich’, porta cioè tutto il giorno in giro il cartello pubblicitario di appartamenti di lusso, mentre i bambini si arrangiano mangiando i campioni promozionali dei supermercati o con gli alimenti buttati perché scaduti. Al trio si aggiunge improvvisamente anche una donna, che condivide con il padre e i due bambini una vita, in parte, da ‘invisibile’. Le rovine tra cui si muovono i personaggi ”fanno da sfondo a tutto il film e sono popolate di cani e di persone. Sono cani liberi e anche le persone sono libere – spiega Tsai Ming-liang, che rispondendo a una domanda sulla durata di certe scene, spiega: ”Fosse per me sarei stato anche più lento… trovo la lentezza molto bella come la vecchiaia. In ogni mia creazione, voglio lasciare la comprensione del tempo delle cose. Mi disorienta la velocità imposta ai film, girati con la stessa struttura, ritmo, tipo di recitazione”. Girare con Tsai Ming-liang ”è sempre un’esperienza molto faticosa tra tortura e rassegnazione – aggiunge scherzando Lee Kang-sheng -. Lo ringrazio per il percorso di vita che ho fatto con i suoi film”.

(Francesca Pierleoni/ANSA)