Sfida dell’Isis agli Usa. Obama, elimineremo questo cancro

NEW YORK. – La decapitazione del giornalista James Foley non rimarrà impunita. Lo Stato Islamico in Iraq e Levante ne pagherà le conseguenze. Parola del Commander in Chief, Barack Obama. “Quando viene fatto del male a degli americani, ovunque nel mondo, noi facciamo ciò che è necessario per far si che venga fatta giustizia”, ha affermato il presidente degli Stati Uniti, che ha così replicato – parlando agli americani e al mondo intero – alla sfida diretta che gli hanno lanciato gli jihadisti dell’Isis. Per loro, ha detto, “non c’è posto nel 21/mo secolo”, “elimineremo questo cancro”. Nel video della decapitazione di Foley, il boia che gli ha tagliato la gola afferma – rivolgendosi proprio al presidente americano – che si tratta di una risposta ai raid aerei lanciati due settimane fa dall’amministrazione Usa in Iraq. Nel filmato – giudicato autentico dall’intelligence Usa – si vede anche il giornalista americano Steven Joel Sotloff, rapito in Siria, e il terrorista che dice: “La vita di questo cittadino Usa, Obama, dipende dalle tue prossime decisioni”. Ma già il Pentagono ha fatto sapere che nelle ultime ore sono stati lanciati nuovi raid con cacciabombardieri e droni contro postazioni dell’Isis, nei pressi della strategica diga di Mosul.  La politica di Obama non cambia. “Continueremo a perseguire una strategia a lungo termine” contro i miliziani dell’Isis in Iraq, aveva del resto detto solo due giorni fa, quando aveva interrotto la vacanza a Martha’s Vineyard per presiedere una serie di riunioni a Washington. Una vacanza in buona parte dedicata al golf, che aveva ripreso proprio poche ore prima che venisse diffuso il terribile video, e che ha continuato subito dopo il suo drammatico intervento in diretta tv. Secondo una fonte del Pentagono, il Dipartimento della Difesa sta studiando un piano per l’invio di “un piccolo numero di truppe addizionali”. Si tratterebbe di “meno di 300 soldati”. Ad una domanda se dopo la decapitazione di Foley gli Usa potrebbero considerare la possibilità di sospendere i raid, una fonte dell’amministrazione aveva peraltro già risposto al Washington Post che “la sola questione è se farne di più”. Una visione espressa pubblicamente anche dall’ex numero due della Cia Michael Morell. L’assassinio del reporter americano, ha detto, rappresenta “il primo attacco terroristico contro gli Stati Uniti” da parte dell’Isis, e “penso che la nostra risposta dovrebbe essere, e sarà, di non arretrare. Al contrario dovremmo aumentare l’intensità” dell’azione militare in Iraq. Anche perchè in ballo c’è anche la visione di Obama del futuro impegno Usa in Afghanistan. Già da tempo vari esponenti politici di entrambi gli schieramenti politici ammoniscono che l’attuale situazione in Iraq potrebbe essere replicata specularmente nello scenario afghano, quando le truppe americane verranno interamente ritirate. Il calendario attualmente prevede che nel 2015 ne rimarranno 9.800 e di queste la metà nel 2016, per poi lasciare solo un contingente minimo. Nell’agghiacciante filmato della decapitazione, l’Isis ha sostenuto di essere ormai “uno Stato, accettato da un gran numero di musulmani in tutto il mondo. Quindi, ogni aggressione contro di noi è un’aggressione contro i musulmani e ogni tentativo da parte tua, Obama, di attaccarci, provocherà un bagno di sangue tra la tua gente”. Anche a questo ha replicato il presidente americano, affermando che “il mondo è inorridito” dal brutale assassinio di Foley e che “l’Isis non parla di religione. Le loro vittime sono in massima parte musulmani e nessuna fede insegna alla gente a massacrare gli innocenti”, mentre i suoi miliziani “dichiarano la loro ambizione di commettere un genocidio contro un antico popolo”. (Stefano de Paolis/Ansa)