Russia: le sanzioni pesano, aumento i prezzi e inflazione, il rublo crolla

MOSCA. – Le sanzioni occidentali cominciano a pesare sulla gia’ stagnante economia russa, ma i loro effetti sono ancora poco visibili tra la gente, che vive senza psicosi da penurie sovietiche. Secondo un recente sondaggio dell’istituto Vtsiom, due terzi dei russi hanno dichiarato che non ne hanno risentito e il 15% addirittura e’ del parere che esse abbiano avuto un impatto positivo sulla situazione economica e politica della Russia. Il 32%, inoltre, e’ convinto che lo scopo delle sanzioni sia un tentativo dell’ Occidente di indebolire la Russia e punirla per la sua politica estera indipendente. Il governo continua ad assicurare che i prezzi sono sotto controllo e l’agenzia delle statistiche certifica che dall’1 al 25 agosto sono cresciuti solo dello 0,1%. La realta’ sembra diversa, o quanto meno a macchia di leopardo, come ammette anche il ministero dell’agricoltura, che rivela in alcune regioni aumenti (soprattutto all’ingrosso) dal 15% (carne di pollo) al 40% (carne bovina). Certo, e’ ancora un periodo di transizione, dove i prodotti agroalimentari dei Paesi oggetto delle contro sanzioni russe cominciano ad essere sostituiti da quelli di altri Paesi, dalla Svizzera alla Serbia, dalla Turchia al Sudafrica, sino all’America Latina. E dove dalle tavole dei russi non manca ancora nulla, anche se magari il salmone e’ cileno anziche’ norvegese. Ma a suscitare preoccupazione, tra gli analisti e gli esponenti piu’ liberal del governo, sono i dati macro economici, che lasciano temere un avvitamento dell’ economia russa, con inevitabili conseguenze sulle condizioni di vita dei cittadini: l’ingente fuga di capitali stranieri, il blocco degli investimenti esteri, la previsione di crescita del pil (pari a 0,5% per quest’anno, dimezzata dal 2% all’1% per il 2015), il rialzo delle stime dell’inflazione (dal 6% al 7-7,5% nel 2014, e dal 5% al 6,5% per il prossimo anno). In questi ultimi giorni, inoltre, la divisa russa ha raggiunto il suo record storico negativo sul dollaro, superando la barriera dei 37 rubli, mentre l’euro e’ arrivato a sfiorare nuovamente i 50 rubli. Il settore piu’ colpito per ora e’ quello bancario, con grandi istituti di credito che non possono piu’ chiedere prestiti all’estero o emettere obbligazioni sui mercati esteri. Idem per alcune grosse societa’, come il colosso petrolifero Rosneft, costretto a chiedere l’aiuto dello Stato per rimborsare il suo pesante debito di oltre 30 miliardi di euro. Anche il vice ministro delle finanze, Serghiei Storciak, ha ammesso che ”le sanzioni settoriali, in particolare nel campo delle relazioni finanziarie internazionali, cominciano sicuramente a farsi sentire e si faranno sentire”. Pure l’embargo russo comincia a danneggiare i produttori europei, dal settore lattiero-caseario, il piu’ colpito, a quello ortofrutticolo, con forti preoccupazioni per la mela, in particolare in Polonia. L’Italia accusa il colpo: secondo la Confindustria Russa, nel solo settore agroalimentare perderemo circa 400 milioni di euro. Certo, i patriottici russi sembrano piu’ disponibili degli europei a resistere affrontando eventuali ”sofferenze”. E la Russia ha le risorse finanziarie, oltre all’arma energetica, per sopravvivere nel breve-medio periodo. Ma il punto e’ quale futuro aspetta la Russia – e l’Europa – se taglia i ponti con l’Occidente e come incidera’ in prospettiva una caduta del recente benessere raggiunto dai russi sulla leadership di Putin. (di Claudio Salvalaggio/ANSA)