Ucraina: la tregua vacilla, scontri a est e morti civili

MOSCA. – Vacilla sempre di più la tregua nell’est ucraino tra Kiev e i ribelli filorussi, mentre una serie di manovre militari nell’ovest del Paese con una quindicina di Paesi, tra cui gli Usa, e l’annuncio di Kiev dell’arrivo di forniture militari da Paesi Nato, accrescono la tensione tra Mosca e Occidente. A dieci giorni dalla firma a Minsk del cessate il fuoco, i combattimenti, anche se localizzati quasi esclusivamente a Donetsk e dintorni, si fanno sempre più intensi e frequenti, con reciproco scarico di responsabilità. Negli scontri a fuoco di ieri sera, secondo il vic sindaco di Donetsk, feudo dei separatisti, hanno perso la vita sei residenti, tra cui almeno una donna: e’ la perdita di civili piu’ grave dall’inizio della tregua. I miliziani sostengono di aver perso inoltre 11 dei loro. Nell’ennesima battaglia per il controllo dell’aeroporto, ancora nelle mani dell’ esercito, Kiev denuncia invece la morte di tre propri militari. Persino gli osservatori dell’Osce sono finiti sotto i proiettili dei mortai, caduti a soli 200 metri dalla loro posizione. L’escalation rischia di far saltare i negoziati politici tra le parti, tanto da indurre Angela Merkel a telefonare al presidente ucraino Petro Poroshenko mentre a Parigi, a margine del summit per la lotta all’Isis, i ministri degli esteri russo, tedesco e francese ne approfittano per un nuovo giro di colloqui. Intanto il premier dell’autoproclamata repubblica di Donetsk, Aleksandr Zakharcenko, accusa il governo di Kiev di “utilizzare il cessate il fuoco per riordinare le sue forze e attaccarci di nuovo”, minacciando di non partecipare ai prossimi negoziati di Minsk: “qual e’ il senso di incontrarsi ancora questa settimana e che cosa possiamo discutere li’? Prima di tutto loro dovrebbero rispettare la tregua”. Un monito che arriva alla vigilia della ratifica da parte del parlamento ucraino dell’accordo di associazione con la Ue, ma anche dell’approvazione del progetto di legge di Poroshenko sull’autonomia dell’est del Paese. La legge, come hanno rivelato i media ucraini, prevede per tre anni uno status speciale per alcuni distretti delle regioni ‘separatiste’ di Donetsk e Lugansk, insieme a elezioni locali anticipate il 9 novembre, alla creazione di una milizia locale e ad una amnistia per i ribelli che non si sono macchiati di reati gravi. Una proposta che appare debole. Sullo sfondo le elezioni politiche del 26 ottobre, complicate dall’annuncio che il partito filorusso delle Regioni dell’ex presidente Viktor Ianukovich non parteciperà a un voto in un Paese in guerra, “dove non si può votare in 44 distretti”, privando cosi’ “un quarto del Paese della propria rappresentanza nella Rada”. A scaldare la campagna elettorale sarà poi il rinvio al 2016 dell’entrata in vigore dell’accordo con Bruxelles, accolto da una parte del mondo mediatico e socio-politico ucraino come un tradimento da parte della leadership del Paese e/o dell’Europa. Un congelamento che ha già indotto il vice ministro degli esteri Danilo Lubkivski a dimettersi. Kiev intanto continua a stuzzicare Mosca ospitando da oggi al 26 settembre le esercitazioni ‘Rapid Trident 14’ con circa 1200 soldati di 14 Paesi, tra cui gli Usa e una serie di Paesi dell’Europa orientale in rapporti poco amichevoli con la Russia, come Georgia, Polonia, Lettonia, Lituania, Lettonia, Moldova, Romania. Presenti anche ufficiali Nato. E il ministro della Difesa ucraino, Valeri Gheletei, getta altra benzina sul fuoco annunciando l’arrivo d’armi da alcuni Paesi dell’Alleanza. Mentre a evitare ‘sgarbi’ al Cremlino è Israele, che secondo la tv Canale 2, ha bloccato in extremis una prevista fornitura di armi a Kiev (inclusi droni utilizzabili per bombardare le aree controllate dai ribelli filorussi) proprio per un atto di riguardo nei confronti di Mosca. Vladimir Putin, da parte sua, prende tempo in attesa della prossima mossa, lanciando segnali sul fronte energetico: dopo la Polonia, anche la Slovacchia ha denunciato un calo delle forniture del gas russo, che entrambi i Paesi ”girano” a Kiev con il ‘reverse flow’. Intanto il leader del Cremlino si gode l’incontrastato trionfo del suo partito alle elezioni regionali di ieri – a cominciare da quelle celebrate in Crimea, a dispetto delle proteste di Usa e Ue che non riconoscono l’annessione – sull’onda del rafforzato consenso personale per il pugno di ferro nella crisi ucraina. Un successo guastato tuttavia dal nuovo record negativo del rublo sul dollaro, che – causa sanzioni – supera per la prima volta quota 38. (di Claudio Salvalaggio/ANSA)

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