La protesta di Hong Kong. Cina agli Usa, non vi immischiate

NEW YORK. – Per Pechino è la sfida più grande da affrontare dai tumulti di piazza Tiananmen, quelli in cui nel 1989 migliaia di cinesi scesero in piazza per chiedere più libertà. A 25 anni di distanza a Hong Kong si combatte un’altra battaglia per la democrazia, con migliaia di persone che continuano a riversarsi in strada nonostante l’intervento della polizia e le violenze della notte precedente. E la speranza è che la protesta non finisca ancora una volta soffocata nel sangue. Il timore c’è. Le immagini dell’enorme folla che invade la metropoli cinese degli affari fanno il giro del mondo. Oramai è chiaro che non si tratta più di una protesta studentesca, ma di una mobilitazione di massa che fa della sua arma principale la disobbedienza civile. La richiesta è che Pechino mantenga le promesse su una piena democrazia e un voto libero e che modifichi i meccanismi elettorali in vista delle elezioni del governatore di Hong Kong programmate nel 2017. E le reazioni, soprattutto da parte del mondo occidentale, non si fanno attendere. “Gli Stati Uniti sostengono le aspirazioni della popolazione di Hong Kong e seguono da molto vicino gli sviluppi della situazione”, afferma Josh Earnest, portavoce del presidente Barack Obama. Lanciando poi un appello alle autorità di Pechino: “Mostrate moderazione”. E sul sito della Casa Bianca spunta una petizione rivolta al presidente perché faccia il massimo delle pressioni sulla Cina perché mantenga la promessa di elezioni democratiche nell’ex colonia democratica. E perché si eviti un secondo massacro proprio dopo quello di Tienanmen. Già quasi 200.000 le firme. A Pechino non gradiscono, e il ministero degli Esteri invia un chiaro messaggio a Washington: “Non vi immischiate” negli affari di Hong Kong, perché le proteste sono una questione interna. Niente ingerenze, dunque. Un monito rivolto anche ad altri Paesi che si sono schierati apertamente dalla parte dei manifestanti. Insomma – secondo molti osservatori – dopo il restaurato clima da ‘guerra fredda’ con Mosca, ora il rischio è che la crisi di Hong Kong possa vanificare anche i pochi passi in avanti compiuti da Barack Obama e Xi Jin Ping per aprire una nuova era nelle relazioni tra Usa e Cina. Intanto la preoccupazione principale delle autorità di Pechino è quella che la protesta possa dilagare nel resto del Paese. Per questo la censura è entrata pesantemente in azione, soprattutto sul web e sui social media, come Twitter e Facebook. E anche Instagram è stata bloccata, per impedire ai manifestanti di diffondere le immagini degli scontri e, come scrive qualcuno, il ‘contagio’ e il ‘virus della democrazia’. (Ugo Caltagirone/Ansa)