Svezia riconosce la Palestina, é rottura con Israele

TEL AVIV/RAMALLAH. – Esplode la crisi diplomatica tra Israele e la Svezia dopo la formalizzazione del riconoscimento della Palestina come Stato da parte di Stoccolma. Un’iniziativa che non ha precedenti fra i Paesi occidentali dell’Ue e che ha suscitato ad un tempo il plauso del mondo arabo e la protesta furibonda del governo Netanyahu: culminata nel ritiro dell’ambasciatore dalla capitale svedese. Il Paese scandinavo ha motivato il gesto come un tentativo di dare un contributo concreto alla pace fra i due popoli. E a Ramallah le reazioni sono state d’entusiasmo. ”E’ un passo storico e coraggioso”, ha esultato il presidente palestinese Abu Mazen preannunciando una visita in Svezia, mentre la Lega Araba elogiava la decisione svedese come un passo importante verso il riconoscimento dei ”diritti legittimi del popolo palestinese”, auspicando che altri ne seguano l’esempio. Gelida invece la reazione dei dirigenti israeliani che – secondo Haaretz – hanno appreso del via libera finale al riconoscimento (annunciato fin dalle settimane scorse) con poche ore di anticipo. Come prima mossa di protesta, l’ambasciatore a Stoccolma, Yitzhak Bachman, è stato richiamato con urgenza ”per consultazioni”. Il ministro degli esteri Avigdor Lieberman ha inoltre pubblicato una nota stringata e sarcastica in cui si fa polemicamente presente che ”il conflitto in Medio Oriente è più complicato del montaggio dei mobili dell’Ikea”, simbolo dell’industria svedese. Nell’ottica di Lieberman, il riconoscimento rafforzerà fra i palestinesi ”intransigenza ed estremismo”, allontanando nei fatti una soluzione pacifica. Diametralmente opposte le considerazioni del capo negoziatore dell’Olp Saeb Erekat. La Svezia, a suo giudizio, ”ha mandato a dire agli israeliani che la politica di colonizzazione è vana” e che essi non possono arrogarsi un diritto di veto ”sul diritto inalienabile dei palestinesi alla libertà” e all’autodeterminazione. Secondo Erekat, i governi europei stanno gradualmente giungendo alla conclusione che, dopo aver condannato per decenni l’espansione delle colonie ebraiche nei Territori occupati senza poterle fermare sul terreno, il rischio é che ”la soluzione dei due Stati non sia più realizzabile”. E che pertanto bisogna ormai provare a forzare la mano alla destra israeliana: come confermerebbero, dal punto di vista di Erekat, iniziative recenti in favore del riconoscimento approvate anche dai parlamenti di Gran Bretagna, Irlanda, Spagna e Belgio. Ma se i palestinesi sentono di avere il vento in poppa con gesti diplomatici ‘unilaterali’, replica il ministro Lieberman, la loro disponibilità a tornare al tavolo dei negoziati e a mostrare flessibilità potrebbe evaporare. Anche suo malgrado, la Svezia rischia dunque, stando alla leadership d’Israele, di dar corda a ”richieste (negoziali) irrealistiche”. A rincarare la dose, il premier Benyamin Netanyahu non ha nascosto la sua stizza per quella che giudica la ‘benevolenza’ della comunità internazionale verso Abu Mazen: accusato invece dall’attuale governo israeliano di aver alimentato le violenze a Gerusalemme con parole di ”incitamento” sulla rovente questione della Spianata delle Moschee.