Pakistan: dopo la strage nella scuola, verso decine di impiccagioni

Pakistan intensifies anti-Taliban offensive after school massacre

ISLAMABAD. – I boia delle prigioni pachistane sono pronti a impiccare decine di terroristi islamici nei prossimi giorni dopo il via libera alle esecuzioni decisa dal governo all’indomani del massacro di oltre 130 bambini a Peshawar. Due militanti sono già stati mandati alla forca nella prigione di Faisalabad, nella provincia centrale del Punjab. Il governo conservatore del premier Nawaz Sharif intende mostrare la massima durezza dopo il brutale massacro di alcuni giorni fa definito come ‘l’11 settembre pachistano’. In queste ore sono state intensificate anche le operazioni dell’esercito nei distretti tribali pasthun, molto probabilmente anche in collaborazione con gli Usa, come dimostra l’attacco di un drone pilotato dalla Cia contro un sospetto covo del mullah Fazlullah, leader del Ttp, sulla linea del confine tra Pakistan e Afghanistan. Nei penitenziari di Rawalpindi, di Faisalabad, Karachi e della provincia nord occidentale di Khyber Pakhtunkhwa fervono i preparativi ed è stata rafforzata la sicurezza per paura di rappresaglie dei fondamentalisti. Il capo dell’esercito, il generale Raheel Sharif, ha dato il via libera all’impiccagione di sei jihadisti che da anni sono nel braccio della morte per attentati contro obiettivi militari. Tra questi ci sono appunto due militanti di primo piano già saliti sul patibolo. Si tratta dell’ex medico militare dell’organizzazione terroristica Lashkar-e-Jhangvi, noto come il dottor Usman, considerato la mente di uno spettacolare attacco al quartiere generale dell’esercito nel 2009 a Rawalpindi costato la vita a 11 militari. Il secondo è invece Arshad Mehmood, accusato di aver pianificato un attacco suicida nel 2003 contro l’allora presidente e generale Pervez Musharraf. Intanto è arrivato anche il segnale verde per l’esecuzione di 22 terroristi detenuti in diverse carceri e anche questi in attesa nel braccio della morte dopo la moratoria decisa nel 2008 dall’allora presidente Asif Ali Zardari, vedovo della statista Benazir Bhutto (il cui padre Zulfiqar Ali Bhutto era stato deposto e impiccato nel 1979 dopo il golpe del generale Muhammad Zia-ul-Haq). Secondo una fonte locale, 85 persone sono pronte a salire al patibolo, mentre il ministro della Giustizia sta esaminando ora altri 378 casi. La decisione di porre un termine alla moratoria è stata criticata da Amnesty International. “La pena di morte – ha detto il vicedirettore dell’area Asia Pacifico David Griffith – non è una risposta al terrorismo e non lo è mai stata”. Ancor prima del brutale attacco, le forze armate avevano fatto pressione sul premier conservatore Nawaz Sharif perché introducesse una legge di emergenza anti terrorismo oltre alla fine della moratoria. Da allora oltre 8.500 criminali, tra cui dei jihadisti irriducibili, sono stati condannati a morte con una sentenza definitiva, ma la loro esecuzione è stata sospesa. Solo una volta, nel novembre 2012, un soldato condannato alla pena capitale da una corte marziale è salito sulla forca, tra le critiche della comunità internazionale e dei gruppi di difesa dei diritti umani. Intanto, sempre in reazione al feroce attacco talebano di martedì, continuano i raid aerei e le retate contro sospetti estremisti islamici, in particolare nel distretto tribale di frontiera del Nord Waziristan (dove da metà giugno è in corso la campagna militare anti talebana) e nella Khyber Agency. L’esercito ha fatto sapere di aver ucciso oltre 30 ribelli in una operazione nella valle di Tirah, una delle roccaforti dei fondamentalisti, e una decina di altri militanti in retate a Karachi e nella provincia del Baluchistan. (Maria Grazia Coggiola/Ansa)