Shell, la prima big a pagare il calo del greggio

Shell20oil

ROMA. – Royal Dutch Shell è la prima delle quattro ‘super major’ petrolifera a mettere nero su bianco gli effetti del crollo del prezzo del greggio. La multinazionale con sede nei Paesi Bassi ha chiuso il quarto trimestre con un utile pro-forma di 3,3 miliardi di dollari, in rialzo dai 2,9 miliardi dello stesso periodo del 2013, ma nettamente sotto le stime degli analisti di Bloomberg, ferme a 4,1 miliardi. Se si considera l’utile netto attribuibile agli azionisti, il calo è però del 57%, in linea con la performance dell’upstream, i cui incassi sono scesi – nel trimestre di peggior flessione del prezzo del greggio – da 4,3 a 1,7 miliardi di dollari. Ma, più dei conti, ciò che ha colpito il mercato è l’annuncio di Shell di tagli agli investimenti per 15 miliardi di dollari nell’arco dei prossimi tre anni, per far fronte al costante calo del greggio. Shell a Londra è arrivata a perdere il 5%, alimentando nuove paure che le altre ‘sorelle’ (BP, Chevron, ed ExxonMobil, ovvero le quattro maggiori compagnie petrolifere non a controllo statale), possano annunciare insieme ai prossimi dati di bilancio nuovi e sostanziosi tagli agli investimenti nel prossimo futuro. La società pagherà un dividendo trimestrale di 47 cent per azione, invariato rispetto all’anno precedente e prevede 15 miliardi di dollari di potenziali tagli agli investimenti nei prossimi tre anni. Il ceo del gruppo Ben van Beurden ha tuttavia sottolineato l’importanza di evitare drastici tagli dei progetti. “E’ fondamentale evitare la deforestazione dei progetti di investimento”, ha spiegato, sottolineando che con gli attuali valori di Borsa, collegati al prezzo del greggio anche oggi ancorato sotto i 45 dollari al barile, è preferibile attendere prima di mettere parti del proprio business sul mercato. Un altro colosso energetico, anche se del gas, a dover fare i conti con un periodo difficile è la russa Gazprom, che ha chiuso il terzo trimestre con un calo del 62% dell’utile netto (-35% nei nove mesi), dopo accantonamenti per 1,2 miliardi di euro per il debito ucraino. Ma Gazprom è un’altra vittima del calo del greggio, il cui basso prezzo lo rende concorrente più agguerrito del gas di quanto non fosse solo un anno fa. Parzialmente salvati dal deprezzamento del rublo, i conti di Gazprom risentono comunque del crollo dell’export (nel 2014 ai minimi da 11 anni) e rischiano così di chiudere con la peggior performance almeno dal 2010.