Il premier sfida le opposizioni. Tensioni nella maggioranza

Renzi says ownership rules for some banks to change

ROMA. – L’asprezza dello scontro a distanza tra Matteo Renzi e Laura Boldrini vela la preoccupazione latente dei renziani per la possibile nascita a sinistra del Pd del ”laboratorio sociale” ipotizzato da Maurizio Landini. La presidente della Camera ha respinto seccamente l’accusa del premier di aver varcato il perimetro istituzionale con i suoi giudizi sulla decretazione d’urgenza del governo: ”Non ho tempo da perdere in polemiche”, ha tagliato corto. Nichi Vendola la appoggia nel rifiuto di ”mettersi sull’ attenti davanti al sovrano” e rimprovera al premier di aver ridotto il Parlamento in una ”condizione servile”. Una sortita che, secondo i renziani, fa il paio con quella di Susanna Camusso e che dimostra l’esistenza di un disegno politico che potrebbe fare da calamita anche per alcuni esponenti della sinistra dem. Laura Boldrini come Gianfranco Fini? E’ presto per dirlo ma una cosa è certa: l’area alla sinistra del Pd sta tentando di aggregare le sue varie anime e non si fa sfuggire occasione per ventilare la possibilità di una nuova maggioranza (vedi l’invito di Vendola a dialogare subito con il Movimento 5 Stelle su Rai e reddito di cittadinanza per spostare l’asse della coalizione a sinistra). Per Renzi sarebbe un errore sottovalutarne le potenzialità. La minoranza del Pd infatti è già andata all’attacco della riforma del Senato e ribadisce, con Miguel Gotor, che se non ci saranno modifiche sarà impossibile per i dissidenti votare l’ Italicum. Pierluigi Bersani riunirà a breve Area riformista, la sua componente, proprio per discutere il ruolo degli oppositori e le richieste possibili da avanzare al Rottamatore: ma ha avvertito che senza cambiamenti sarà battaglia sulle riforme. Ciò spiega perché il segretario-premier abbia rimesso in moto la sua diplomazia verso Forza Italia. ”Tratto con Berlusconi”, ha spiegato, nella convinzione che anche per Fi sia difficile non votare riforme che ha contribuito a scrivere. Renzi pensa che i falchi azzurri, capeggiati da Renato Brunetta, abbiano prevalso sulle colombe, ma che uno spiraglio per il dialogo esista ancora. Non a caso è quanto ribadisce sempre il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi. Brunetta ha escluso che possa giungere un voto favorevole degli azzurri, anche nel caso di un accoglimento del loro ordine del giorno per il presidenzialismo, ma è chiaro che l’ultima parola spetterà al Cavaliere. Il leader azzurro è alla vigilia della fine dei domiciliari e teme che la pronuncia della Cassazione sul Ruby ter possa rimettere tutto in discussione. I suoi accusano il circuito ”mediatico-giudiziario” per le imbarazzanti intercettazioni sul caso escort trapelate negli ultimi giorni e parlano di una persecuzione per sbarrargli il ritorno in campo. Può essere, come sospettano in molti, che le peripezie giudiziarie e l’offensiva economica di Mediaset su Rai ed Rcs assorbano in questa fase la sua attenzione, ma in realtà per il Cav c’è anche un problema di equilibri nel centrodestra. L’incontro con Matteo Salvini, per tentare una mediazione sulle alleanze in Veneto, sembra essersi risolto in un flop. ”Simpatico”, l’ha definito il Cavaliere con una battuta. Il segretario leghista ha lasciato intendere di aver respinto le proposte di ammorbidimento dicendo che ”al Carroccio non interessano alchimie e capriole”. Tradotto, nessun negoziato con Tosi ed Alfano. Ma Berlusconi può incassare senza colpo ferire questa bocciatura? Non sembra nel suo stile. E del resto si profila un dialogo tra Ncd e tosiani (De Girolamo) che rischia di costare caro – come osserva Roberto Maroni – a Luca Zaia in Veneto. In altre parole, i lumbard non sono così sicuri della vittoria se davvero il sindaco di Verona dovesse lasciare la Lega e candidarsi anche lui alla guida del Veneto. Tosi ha detto di non essere disposto a restare un segretario commissariato e di godere pur sempre di un certo seguito personale, oltre che dell’appoggio di Alfano e di Passera. In realtà il problema è tutto tra lui e Zaia, argomenta Maroni, ma è risolvibile. Come? Con un accordo sulle liste (il cuore della partita) e una nuova delibera del Consiglio federale della Lega. Salvini tuona: sono state fatte tutte le riunioni del caso e la questione è chiusa, chi non vota Zaia si mette fuori dal partito. Tuttavia, come ha dichiarato più volte Tosi, su Zaia non c’è nessuna sua riserva: ne deriva che le ultime speranze di evitare la rottura sono legate proprio alle trattative sugli alleati e sui candidati da esprimere. Il week end sarà decisivo. (di Pierfrancesco Frerè /Ansa)

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