In Iran attesa di un accordo che non tutti vogliono

Nucleare: Iran, Kerry annulla rientro in Usa per colloqui

TEHERAN. – Se entro domani un accordo sarà preso a Losanna, la notizia arriverà in un Iran ancora distratto dalle vacanze del Nowrouz, il nuovo anno persiano, che ferma le attività lavorative e il traffico asfissiante della capitale. Eppure la gente ne parla, augurandosi che arrivi la fine delle sanzioni e di un’inflazione reale che ha raggiunto anche il 40%. La linea ufficiale in queste ultime ore di negoziati è quella espressa all’agenzia governativa Irna da una “fonte informata”, che assicura che l’Iran non cederà sui propri principi e non ha cambiato posizione, come invece farebbero intendere “media occidentali”. E fra questi principi vi è quello che “le misure irreversibili” accettate da una delle parti devono essere bilanciate da azioni ugualmente irreversibili dall’altra, mentre gli accordi già presi nel negoziato devono restare. Ma la politica estera iraniana è un affare delicato, se si considera che l’ultima parola deve giungere dalla Guida suprema. Ali Khamenei, cui guarda il fronte conservatore. Il quale ha ribadito la sua fiducia nella squadra di negoziatori del governo del moderato Hassan Rohani, ma ha anche sottolineato che la rimozione delle sanzioni deve essere parte integrante dell’accordo, cioè contestuale e non successiva alla messa in opera delle misure concordate. Ali Akbar Velayati, consigliere della Guida e autorevole voce del fronte conservatore, ha detto oggi, secondo l’agenzia Fars, che “se noi facciamo un passo indietro, gli americani parleranno di altre questioni come i missili, i diritti umani e la libertà per i Bahai (la minoranza religiosa bandita in Iran, ndr)”. Ancora più dettagliate le obiezioni di Hossein Shariatmadari, il direttore del quotidiano conservatore Kayhan, nominato da Khamenei. Se sono vere le indiscrezioni sull’accordo, scrive, sarebbero ben sei i casi in cui le ‘linee rosse’ di Teheran non sono state rispettate, e che lui enumera puntigliosamente. Primo, solo una parte delle sanzioni sarebbe rimosse. Secondo, le sanzioni del Consiglio di sicurezza dell’Onu resterebbero. Terzo, le sanzioni sospese lo sarebbero per un semestre o per un anno, e poi condizionate alla situazione futura. Quarto, la risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’Onu a garanzia dell’accordo farebbe riferimento al capitolo VII dello statuto delle Nazioni unite, che si riferisce alla minacce alla pace. Accettarlo, fa notare Shariatmadari, vorrebbe dire che l’Iran riconosce che il suo programma nucleare è una minaccia alla pace mondiale. Quinto, l’accordo sarebbe in due o tre fasi, e non completo di tutti i dettagli in una sola fase come Khamenei aveva imposto con chiarezza. “Sesto, gli impegni dell’Iran sarebbero reversibili, quelli dei 5+1 reversibili”. Ma il punto critico più significativo è quello che, rileva ancora Shariatmadari, “l’Iran dovrebbe cominciare un nuovo ciclo di cooperazione con l’Aiea nell’ambito del cosiddetto Pmd”, ossia la ‘Possibile dimensione militare’ del suo programma nucleare. “Se lo accettiamo, significa che dovremmo lasciare che gli ispettori dell’Aiea ispezionino la nostra industria missilistica, e con il pretesto che i nostri missili balistici possono portare testate nucleari, potrebbero chiederci di non produrne più o di eliminarli”. “Questa – conclude – sarebbe una catastrofe e l’Iran diventerebbe un Paese incapace non solo di sostenere il fronte della resistenza (contro Israele, ndr), ma anche di difendersi da Paesi anche piccoli della regione, e questo è il vero scopo degli Usa”.
(di Luciana Borsatti/ANSA)