Padoan con Renzi, lotta evasione insieme a taglio tasse

Renzi, serve cambio radicale politiche economiche

ROMA. – I tagli delle tasse promessi da Matteo Renzi saranno “permanenti” e “sostenibili”, il che significa che si baseranno su coperture certe e credibili, tali da non mettere a rischio la stabilità dei conti pubblici faticosamente conquistata. La via maestra è dunque quella della spending review, accompagnata, almeno per l’anno prossimo, dal possibile ricorso alla flessibilità Ue, nei termini e alle condizioni a cui l’Europa lo concederà.

Pier Carlo Padoan delinea così la strategia del governo, chiarendo innanzitutto di essere il primo a condividere in pieno il progetto annunciato dal premier, non arrivato – come sospettato invece da molti – come un fulmine a ciel sereno tra le stanze di Via XX Settembre. Ma il ministro dell’Economia va anche oltre e, nella polemica politica che ha visto ancora una volta la minoranza Pd prendere le distanze dalla linea del segretario-presidente del Consiglio, traccia un distinguo rispetto a Pierluigi Bersani e Vincenzo Visco.

Padoan non li nomina e non fa alcun riferimento diretto ma, prendendo la parola per la prima volta pubblicamente dopo l’assemblea dem, chiarisce che il governo intende rafforzare la lotta all’evasione, “complementare” e non alternativa al taglio delle tasse. “Non capisco – scandisce intervenendo ad un convegno della Confcommercio – le affermazioni che dicono che invece che tagliare le tasse bisogna aumentare la lotta all’evasione”.

Il riferimento è proprio all’ex segretario democratico che nei giorni scorsi ha invece avvertito sul rischio di “demagogia” di certi annunci e ha individuato nell’evasione fiscale quello che dovrebbe essere il primo obiettivo dell’azione di governo. La critica di Bersani si è estesa del resto anche alla spending review e al “dare botte alla sanità e alla scuola”, considerato ben poco nelle corde del centrosinistra.

La riduzione della spesa è invece, per Padoan, essenziale come base stabile della riduzione della pressione fiscale, e sarà fatta – come chiarito anche dal commissario Yoram Gutgeld – non di tagli lineari ma di razionalizzazione, riorganizzazione e di allocazione più efficiente delle risorse. Le coperture del piano arriveranno dunque innanzitutto da lì e, in un circolo virtuoso, sarà anche la crescita favorita dallo stesso taglio delle tasse a garantire progressivamente maggiori margini di manovra.

Già per quest’anno, la stima di +0,7% di aumento di Pil indicata nel Def è potrebbe risultare, secondo lo stesso governo, prudenziale ed anche per l’anno prossimo il +1,4% calcolato finora potrebbe subire qualche variazione al rialzo, proprio grazie agli stimoli fiscali. Se la crescita dovesse essere maggiore del previsto, anche gli spazi sul deficit aumenterebbero, liberando risorse. Da giocare resta inoltre la carta flessibilità.

Tra fine estate e l’autunno, l’Italia potrà portare con sé a Bruxelles un nuovo pacchetto di riforme approvate e in fase di implementazione (P.a., decreti fiscali, decreti attuativi del Jobs act, riforma costituzionale) su cui poter fare leva per spostare l’asticella dell’indebitamento forse oltre il 2%. Con le stesse motivazioni, Roma ha già ottenuto in primavera un “bonus” da 6 miliardi.

Uno equivalente permetterebbe di coprire ampiamente l’abolizione delle tasse sulla prima casa. Al momento la porta non è chiusa, ma il Commissario agli affari economici, Pierre Moscovici, si riserva il giudizio: “esamineremo le cose in funzione di quello che presenterà il Governo italiano”, ha spiegato.

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