Di Piazza: “A New York convivono due comunità assai diverse”

Tony di Piazza

NEW YORK – “La nostra collettività sta cambiando. Stiamo assistendo aun’evoluzione naturale. La prima emigrazione, quella storica, praticamente non c’è più. Quella nuova, costituita da giovani professionisti, fa vita a parte. Posso parlarle della realtà di New York. Questa città da sempre ha esercitato un fascino particolare. E’ la mecca dell’emigrazione verso gli Stati Uniti. A New York abbiamo ormai due comunità italiane”.

Tony Di Piazza, presidente dell’Associazione Culturale Italiana di New York, ci illustra una realtà che non appartiene solamente alla città che non dorme mai o a un Paese che evoca in noi le immagini sbiadite dei bastimenti stracolmi di connazionali con i loro sogni, speranzee illusioni; immagini che abbiamo visto nei libri di storia. Amarezza, tristezza ma anche la consapevolezza di una realtà che ci travolge e alla quale è difficile opporsi.

– Sono due comunità – prosegue – che vivono in una stessa città ma che non s’incontrano. Sono distanti anni luce l’una dall’altra. La nuova emigrazione, quella giovane, non interagisce con quella storica. Sono realtà separate. L’una sa dell’esistenza dell’altra. Ma resta tutto là. La nuova emigrazione si orienta verso l’ambiente giovanile che non ci appartiene più.

– E le seconde e terze generazioni; i figli e i nipoti dei pionieri?
Una pausa, un lungo sospiro. Poi, prosegue:

– Orgogliosi… orgogliosi delle proprie radici… ma è sempre più difficile coinvolgerli nelle nostre iniziative, nei nostri progetti. Credo che sia una realtà comune a tutte le nostre comunità all’estero. Si afferma sempre che bisogna renderli partecipi. Facile a dirsi, ma non a farsi! Tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. Per questo, stiamo in affanno.

Ammette che i figli dei pionieri “vivono una realtà diversa” e sostiene che “le nuove generazioni sono integrate in una società che gli appartiene, che è loro”.

– Ma come vivono l’italianità.

– Con molto orgoglio – torna a ripetere -. E ciò si nota non solo nella quotidianità ma specialmente nei grandi appuntamenti. Ad esempio, durante i mondiali di calcio. I nostri giovani seguono le partite e tifano per la nazionale azzurra. L’italianità è un sentimento che si porta dentro e che si manifesta nelle piccole e grandi cose. Soprattutto nei dettagli meno evidenti e che passano inavvertiti. I nostri giovani sono comunque coinvolti nel sistema americano, immersi in esso. Ci vogliono momenti particolari per rendere evidente l’italianità. E questi spunti li offre lo sport, la canzone…

– Quali sono le esigenze della nostra comunità? In America Latina, specialmente in questo momento reso particolarmente difficile dalla crisi economica che si attraversa, emerge con forza la necessità di aiutare i connazionali meno fortunati che hanno bisogno della nostra solidarietà. E negli Stati Uniti?

– L’assistenza sociale – ci dice subito – non credo che sia un motivo di preoccupazione per chi vive negli Stati Uniti. Qui, pur con le sue limitazioni e i suoi problemi, c’è un sistema che funziona. Non sarà il migliore del mondo, ma funziona. Credo che il problema principale siano i continui tagli del governo italiano al budget destinato agli italiani all’estero. Il governo, così facendo, taglia i ponti con le nostre comunità. Non lo dice apertamente ma è questa la realtà. Si taglia nei capitoli di spesa relativi la lingua e la cultura italiana. Si castigano i nostri giornali che pure svolgono una funzione importante. Si riduce la spesa che mantiene attiva la rete della nostra cultura. Si taglia su tutto. E allora, cosa ci resta?

Quello di Di Piazza è uno sfogo impregnato di malinconia e delusione. E’ la manifestazione d’impotenza di fronte a una realtà che si vorrebbe cambiare ma che sfugge al nostro controllo e alla nostra volontà.

– Anche la televisione – prosegue – risente dei tagli. E’ vero, abbiamo Rai Italia. Ma i programmi orientati alle nostre comunità soffrono le conseguenze di questa realtà. Il Direttore di Rai Italia, Piero Corsini, ha assicurato che saranno ripristinati. Per il momento abbiamo solamente “Community”.
Prima, spiega con nostalgia, “c’era una maggiore attenzione verso gli italiani all’estero; ce n’era molta di più di quanta ce ne sia oggi”. Insiste nell’affermare che “l’Italia sta tagliando i ponti con i suoi figli all’estero”.

– Commette un grosso errore. – insiste – I politici che ci visitano – prosegue – ci dicono che le nostre comunità sono una ricchezza incommensurabile; affermano che noi siamo i veri ambasciatore dell’Italia all’estero; poi tornano in Italia e dimenticano che esistiamo. Si scordano di tutto e di tutti.

E tocca il “punto dolens” del riacquisto della cittadinanza italiana.

– E’ necessario riaprire i termini – ci dice convinto -. Ci è stato spiegato che fino ad ora non è stato fatto per il timore degli oriundi italiani in America Latina.

Insomma, delle seconde e terze generazioni che potrebbero fare richiesta della nazionalità italiana, che oggi è loro negata,e ripercorrere a ritroso il cammino dei nonni e dei bisnonni.

Per concludere, Di Piazza affronta due argomenti importanti: Comites e stampa. E sottolinea che ambedue risentono dei tagli al budget destinato agli italiani all’estero.

– I nostri mass-media all’estero – sostiene – devono svecchiarsi. Devono tener conto delle nuove tecnologie e del fatto che i giovani, al contrario di molti di noi della prima generazione ancora affezionati alla carta stampata, raramente comprano più i giornali. Li leggono su internet; sono abituati a navigare in rete. I nostri giornali corrono il rischio di diventare mass-media per anziani e dimenticare l’enorme ricchezza che rappresenta la nuova generazione.

Una comunità ben integrata

NEW YORK – Terra d’emigranti. Forse non c’è migliore espressione per definire gli Stati Uniti e la sua realtà. Gente che viene e gente che va. Ancora oggi, la ‘Merica ha il suo fascino. E lo esercita con gran forza sulle nuove generazioni. New York, poi, è crocevia di culture e realtà diverse. Anche di sogni, desideri, aspirazioni. Ma quali sono le differenze tra la nostra comunità e le altreche hanno contribuito a costruire l’America che oggi conosciamo? Che cosa rende diversa la collettività italiana da quella latinoamericana, solo per fare un esempio?

Di Piazza, sull’argomento, non ha dubbi.

– Innanzitutto l’aspetto numerico – ci dice -. La comunità latinoamericana è senz’altro più numerosa di quella italiana. E non è poca cosa. Questa presenza, ad esempio, si traduce in mass-media e in reti televisive.

– Eppure – facciamo notare – la nostra comunità è assai integrata nel tessuto sociale del paese. Tant’è così che New York ha avuto un Governatore di origini italiane, Mario Cuomo, che ha lasciato una profonda traccia. E oggi ha un Sindaco, Bill De Blasio, i cui nonni materni, Giovanni e Anna, sono nati in Italia…

– Nel tessuto politico, economico e sociale – puntualizza – siamo sicuramente molto ben integrati. Posso affermare con orgoglio e senza timore a sbagliare che la nostra comunità è presente in ogni aspetto della società americana. L’italiano, poi, è ancora tra le lingue più studiate alla high school e all’università.

Insiste, quindi, che la maggior differenza tra la comunità latinoamericana e quella italiana sta nei numeri ma non certo nella qualità. E di questo, non ne abbiamo alcun dubbio.

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L’Associazione Culturale Italiana di New York e il suo Festival della Canzone

NEW YORK – Una associazione relativamente giovane. E’ stata fondata nel 2009. Eppure, in pochi anni è riuscita a costruirsi un suo prestigio, un suo spazio. Il “Festival della Canzone Italiana”, già all’ottava edizione, è il suo fiore all’occhiello. Una manifestazione che è nata in sordina e che oggi rappresenta uno degli spettacoli più attesi. L’appuntamento, quest’anno, è per il 13 ottobre, nel prestigioso “ Christ The King Center”.

– L’obiettivo del Festival – ci spiega – è quello di dare un’opportunità agli italiani all’estero che hanno la vocazione per il canto e per la musica. Permettiamo ai giovani talenti di ritrovarsi, di conoscersi e di confrontarsi. Lo scopo è anche quello di far incontrare i giovani talenti italiani, che vivono in Italia, con quelli residenti all’estero.

Di Piazza ci spiega che la dinamica dello spettacolo, che negli anni ha avuto una crescita importante, è assai semplice. Da una rosa di candidati sempre più numerosa, si scelgono dieci aspiranti, una metà proveniente dall’Italia e l’altra dalle nostre comunità all’estero.

– Lo scorso anno – commenta – tra i giovani concorrenti c’era anche un italo-venezuelano, (Angel che ha cantato una canzone di Franco Agostinone ndr.) Quest’anno abbiamo anche il gemellaggio con lo storico Festival di Castrocaro. Il nostro Festival – afferma ora con orgoglio mal celato – è cresciuto e rappresenta un veicolo importante per i nuovi talenti.

– Come avviene la scelta dei dieci giovani ammessi al Festival?

– L’associazione ha una direzione artistica di cui faccio parte – spiega -. E’ questa che ha la responsabilità della scelta.

– Una grande responsabilità…

– Si – ammette -. Naturalmente non si possono accettare tutti. C’è chi resta fuori. Il nostro “format” è assai simile al Festival di San Remo. C’è comicità, ci sono gli ospiti ed anche i cantanti già affermati. Abbiamo, poi, personalità della televisione. Ad esempio, il “cast” di “Un posto al Sole” è con noi già da quattro anni. Insomma, è un bello spettacolo.

Ci dice che l’associazione, che in passato s’impegnava anche in altre iniziative, oggi concentra ogni suo sforzo nella realizzazione del “Festival”.

– Comunque – precisa -, siamo sempre presenti ogni qualvolta c’è bisogno di una manifestazione di solidarietà. Ad esempio – sottolinea -, quando occorre raccogliere fondi per aiutarenei casi di disastri naturali…

(Mauro Bafile/Voce)

(Con la collaborazione di Flavia Romani)