Italiani all’estero: siamo 4,6 milioni

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ROMA. – C’è una metropoli, nel mondo, che parla italiano: al primo gennaio 2015 sono oltre 4,6 milioni i connazionali residenti all’estero iscritti all’Aire (Anagrafe degli italiani all’estero), il 3,3% in più rispetto all’anno precedente. Un aumento legato soprattutto agli espatri, che nel corso del 2014 hanno raggiunto quota 101.297, superando i 94.127 del 2013, per una crescita pari al 7,6%.

A fare le valige sono stati in prevalenza uomini (56,0%), non sposati (59,1%), tra i 18 e i 34 anni (35,8%). Migranti “desideranti” e non “bisognosi”, istruiti, partiti per lo più dal Nord Italia e con meta la Germania (14.270).
A delineare il profilo dei connazionali all’estero è la Fondazione Migrantes, che ha presentato il suo decimo Rapporto “Italiani nel mondo”.

Nell’ultimo decennio, osserva la Fondazione, la migrazione italiana è cresciuta “notevolmente”, passando da 3.106.251 cittadini iscritti all’Aire nel 2006 ai 4.636.647 del 2015, per un incremento pari al 49,3%.

Attualmente il 51,4% degli italiani all’estero è di origine meridionale e il gruppo più numeroso proviene della Sicilia (713.483).

Negli ultimi anni però si è registrata “una marcata dinamicità delle regioni settentrionali”, tanto che tra i connazionali espatriati nel 2014 la maggior parte proviene dalla Lombardia (18.425). Seguono le partenze da Sicilia (8.765), Veneto (8.720), Lazio (7.981) e Piemonte (7.414).
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Tra le mete preferite, dopo la Germania, ci sono il Regno Unito (13.425) – primo paese nella precedente rilevazione – la Svizzera (11.092), la Francia (9.020) e l’Argentina (7.225). I migranti “desideranti” sono rimasti in Europa o si sono trasferiti in America e Oceania. In proporzione il paese che presenta la crescita più elevata tra la popolazione italiana nell’ultimo anno è la Colombia (+27,1%; dai 451 espatri del 2013 ai 573 nel 2014), seguito da Germania (+21,6%, da 11.731 a 14.270), Lussemburgo (+19,8%, da 731 a 876) ed Emirati Arabi (+19,3%, da 917 a 1.095). In calo, invece, i trasferimenti in Cina (-0,9%, da 1.000 a 991), Argentina (-3,6%, 7.496 a 7.414), Canada (-3,9%, da 1.610 a 1.548) e Venezuela (-19,8%, da 1.505 a 1.207).

Negli ultimi anni – si legge nel Rapporto – il fenomeno dell’emigrazione per ragioni lavorative, tra i laureati, è tendenzialmente in crescita e per questi giovani in movimento – gli “Expat” – “cresciuti col paradigma dell’euro-mobilità”, il titolo di studio posseduto risulta più efficace all’estero.

Sono aumentati anche i liceali che trascorrono un anno di studio fuori dall’Italia. In generale, la maggior parte degli iscritti all’Aire risiede in Europa (53,9%) e in America (40,3%). Al primo gennaio 2015 le donne sono 2.227.964, il 48,1% (+75.158 rispetto 2014) del totale, i minori 706.683 (15,2%). Gli over 65 sono 922.545 (19,9%). Per quanto riguarda gli espatriati nel 2014, 62.797 sono in età lavorativa avendo tra i 18 e i 49 anni; 20.145 sono minori e 7.205 over 65.

Migrantes: frenare il ritorno ai nazionalismi

“Occorre con forza dire ‘no’ a una sorta di strabismo nella lettura dei fenomeni migratori” in Italia, “tale per cui si legge con un occhio l’emigrazione, dove viene fermamente affermata la tutela dei diritti” di chi parte, “mentre assistiamo a un grave sfruttamento lavorativo” di chi arriva nel nostro Paese. “Un secondo ‘no’ va al ritorno dei nazionalismi, con una grave penalizzazione dell’emigrazione italiana che significa la non tutela dei nostri giovani che vanno all’estero. E ‘no’ anche a un’integrazione schiacciata sull’assimilazione”.

E’ questa la posizione della Fondazione Migrantes sulla “nuova stagione della mobilità” in Italia, paese protagonista di una nuova fase di partenze e arrivi. Partenze di “migranti desideranti”, italiani e non, in cerca di lavoro – osserva la Fondazione nel Rapporto Italiani nel mondo 2015 – e arrivi di “richiedenti protezione internazionale con progetti migratori il più delle volte finalizzati al Nord Europa e solo in transito nei nostri territori”.

“In un’Italia che da sempre è terra di spostamenti, saluti e accoglienze – puntualizza la Fondazione – la gratitudine si dispiega non solo nell’efficacia del soccorso prestato” a chi arriva oggi, “ma nella capacità di solidarietà e condivisione” senza “fare confronti” rispetto “a quando eravamo noi i migranti”.

“Se la storia è davvero maestra di vita – conclude – oggi un tale confronto non ha alcun senso, ma potrebbe averlo solo se a partire da esso si tenesse presente che il vero fine dell’andare avanti nella riflessione sulle migrazioni è riuscire a far sì che ci sia un giorno in cui la decisione di partire per ogni migrante derivi da una scelta e non da un obbligo”.

(di Alice Fumis/Ansa)