Nato contro Russia, altra spina dopo due anni di tensioni

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BRUXELLES. – “Non poteva avvenire in un momento peggiore”. Così un alto diplomatico in servizio nel quartier generale della Nato sintetizza l’effetto dell’abbattimento del jet russo al confine fra Turchia e Siria. Che arriva proprio mentre gli incontri di Vienna hanno fatto nascere la speranza che possa scattare la transizione a Damasco.

Tanto è delicato il momento, che dopo il Consiglio Atlantico straordinario il segretario generale, Jens Stoltenberg, usa toni concilianti e invita Ankara e Mosca alla “calma e de-escalation”. “Ci auguriamo che le conseguenze non siano tali da incrinare le dinamiche diplomatiche avviate sulla Siria”, aveva già detto il ministro degli esteri italiano, Paolo Gentiloni, dando il senso della vera posta in gioco dietro l’incidente.

Ennesimo motivo di tensione tra Nato e Russia, tornate al clima da Guerra Fredda 25 anni dopo la caduta del Muro e 12 anni dopo il vertice di Pratica di Mare, che aveva segnato l’inizio della partnership tra i due ex nemici. Era il 28 maggio 2002 quando George W. Bush e Vladimir Putin si strinsero la mano sotto gli occhi di Silvio Berlusconi nel primo vertice Nato-Russia organizzato in Italia.

Per 12 anni l’intesa continuò a crescere, malgrado le tensioni per il conflitto russo-georgiano del 2008, per il caso del figlio dell’ambasciatore russo espulso nel 2009 e le polemiche di Mosca per lo scudo antimissile progettato dalla Nato in Paesi dell’ex Patto di Varsavia. Tensioni che non avevano impedito una convinta cooperazione logistica con la missione Isaf in Afghanistan.

La crisi ucraina ha riportato indietro l’orologio della storia. Detonatore: il ‘no’ alla Ue pronunciato, su spinta del Cremlino, dall’ex presidente filo-russo ucraino Viktor Yanukovich, la sollevazione di pazza Maidan a Kiev cominciata a dicembre 2013 e sfociata con la fuga di Yanukovick nel febbraio successivo.

A gelare i rapporti tra Alleanza Atlantica e Cremlino sono state prima l’invasione della Crimea dei primi di marzo, poi la rivolta dei separatisti foraggiati, armati e guidati dai russi nelle province del Donbass ucraino, culminata con la tragedia del volo MH17 abbattuto nel luglio 2014.

Così la Nato è tornata ad alzare il muro. Già il 5 marzo 2014 l’Alleanza aveva deciso di ridurre i rapporti con Mosca, aumentandoli nel frattempo con Kiev. Da allora, un crescendo: il primo aprile sospende “ogni cooperazione pratica” con la Russia e una settimana dopo decreta la limitazione degli accessi per i russi al quartier generale di Bruxelles.

Il 5 settembre il vertice in Galles sancisce la revisione della politica della Nato: rafforzamento a est, raddoppio delle forze di reazione, creazione di una brigata di pronto intervento, apertura di sei basi logistiche in Estonia, Lituania, Lettonia, Polonia, Romania e Bulgaria.

Mosca ha risposto con centinaia di plateali violazioni dello spazio aereo della Nato nel Baltico, nel Mar Nero ma anche lungo le coste del Portogallo. Ai primi di ottobre scorso una serie di sconfinamenti in Turchia, che il governo di Ankara e la stessa Nato avevano definito “inaccettabili”.

(di Marco Galdi/ANSA)

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