Cui prodest?

Fiore all’occhiello, motivo di orgoglio. Forse ancora per poco tempo. La nostra scuola italiana, la “Agostino Codazzi”, unico istituto paritario in Venezuela, tra qualche mese, forse solo poche settimane, potrebbe non essere più tale. In altre parole, potrebbe essergli negata la prerogativa di rilasciare titoli di studio aventi valore legale in Italia e quindi annoverarsi tra quegli istituti con corsi d’italiano che, anche se ottimi e ad altissimo livello, non assicurano l’accesso diretto alle università italiane e, in conseguenza, dell’Unione Europea.
Una bella realtà, creata con tanto impegno e custodita negli anni con passione dalle Giunte Direttive che si sono susseguite, potrebbe di colpo scomparire. Così, mentre Aldo Bastianini e il gruppo di pionieri che nel 1951 fondarono la nostra Scuola sono tutt’oggi ricordati per la caparbietà e l’impegno profuso nella creazione di un istituto scolastico che mantenesse viva la cultura del Bel Paese tra noi italiani del Venezuela e aprisse a figli e a nipoti le porte delle migliori università italiane; gli integranti dell’attuale Giunta Direttiva, al contrario, potrebbero essere ricordati come coloro che vi hanno messo punto finale. E distrutto una realtà che appartiene a tutti noi e che altre comunità italiane all’estero oggi ci invidiano.
Che la nostra scuola viva momenti difficili lo sappiamo tutti. Lo abbiamo scritto ripetutamente rimproverando all’attuale esecutivo la propria inerzia e indifferenza. Ma non ci siamo limitati alle critiche costruttive. Siamo stati anche propositivi e abbiamo inoltre offerto all’attuale Giunta Direttiva la possibilità, attraverso il nostro giornale, di aprire un amplio dibattito orientato al riscatto della scuola. Altrettanto propositivo, a suo tempo, fu il Console Generale d’Italia, Giovanni Davoli. E lo è stato l’attuale Console Generale d’Italia, Mauro Lorenzini. Anche il nostro Ambasciatore, Silvio Mignano, uomo di profonda cultura, ha espresso preoccupazione per le sorti della “Scuola Italiana”; istituto che, fino a qualche anno fa – prima che l’attuale Giunta Direttiva ne assumesse il controllo -, è stato importante punto di riferimento culturale.
La risposta dell’esecutivo che presiede Adriano Giovenco è stata di deludente passività e indifferenza. La parità alle scuole private non è un atto dovuto. E’ riconosciuta solo agli istituti che ne hanno i requisiti. Tra questi, solo per nominarne i più importanti, un progetto educativo in armonia con i principi della Costituzione; la disponibilità di locali, arredi e attrezzature didattiche propri del tipo di scuola; l’istituzione e il funzionamento degli organi collegiali improntati alla partecipazione democratica; l’organica costituzione di corsi completi poiché non può essere riconosciuta la parità a singole classi; personale docente fornito del titolo di abilitazione.
Oggi purtroppo, vengono meno proprio i requisiti più importanti. Da mesi la Giunta Direttiva non si riunisce; i locali, se non ristrutturati e riformati, non sono più idonei alle esigenze di una scuola moderna e il personale docente fornito del titolo di abilitazione è composto di appena tre professori. Tra questi, un insegnante di Educazione fisica e una professoressa, esempio per le nuove generazioni, con una grande esperienza e professionalità che si fondono con l’entusiasmo giovanile che l’età ormai avanzata non è riuscita a scalfire.
E’ stato chiesto alla Giunta Direttiva un programma preciso, organico, che permetta in tempi relativamente brevi di riportare la scuola entro parametri accettabili per i ministeri degli Esteri e dell’Educazione. Una proposta che vada incontro alle difficoltà dell’istituto scolastico. Fino ad oggi in Consolato non è arrivata alcuna risposta. E, stando a quanto appurato dal nostro Giornale, non pare sia nell’agenda della Giunta Direttiva che, nonostante l’insistenza di alcuni dei suoi membri, non si riunisce ormai da tanti mesi.
Eppure, ci vorrebbe ben poco. Innanzitutto, buona volontà. E’ possibile abbattere i costi della ristrutturazione della scuola, per adeguarla agli standard di un istituto moderno. E’ necessario, però, mettere da parte arroganza, prepotenza e superbia. Limitazioni, queste, che sembrano caratterizzare i vertici dell’attuale Giunta Direttiva. E coinvolgere la comunità, chiedendo il contributo dei tanti costruttori italiani, sicuramente ben lieti di aiutare a riscattare la nostra “Agostino Codazzi”. Neanche l’abilitazione all’insegnamento dei docenti dovrebbe essere una difficoltà insormontabile. I professori potrebbero seguire corsi a distanza, riconosciuti dal ministero dell’Istruzione, che non richiedono un grosso investimento.
Più delicato e complesso, invece, è l’aspetto che riguarda direttamente il numero degli alunni. Oggi, la scuola elementare, dalla quale s’inizia il percorso scolastico, avrebbe una scolaresca di appena 10 bambini, forse meno. Troppo pochi. E’ necessaria, quindi, una “rivoluzione” nella “filosofia” stessa della scuola italiana. Non c’è bisogno di inventare. E’ sufficiente seguire l’esempio di “La Scuola Italiana Guglielmo Marconi” di New York o, quello della scuola tedesca in Venezuela, “Colegio Humboldt”. I confronti sono sempre antipatici, ma a volte necessari.
L’”Agostino Codazzi”, se effettivamente ci fosse la volontà di superare questo difficile momento, potrebbe trasformarsi in una “scuola internazionale” e, quindi, offrire agli alunni un piano di studio creato tenendo conto delle esigenze dei ministeri dell’Educazione in Venezuela e in Italia. Insomma, un mix che permetterebbe agli alunni un alto livello d’istruzione, una preparazione superiore a quella di altri coetanei e la possibilità di proseguire senza alcun problema la propria formazione in Venezuela o nelle migliori università europee.
Cui bono?
A chi giova la chiusura della nostra scuola italiana? Chi se ne beneficia? Perché l’attuale Giunta Direttiva, invece di prendere “il toro per le corna”, pare più interessata a ottenere un giudizio negativo dal nostro Console Generale d’Italia, Mauro Lorenzini; giudizio che decreterebbe definitivamente la perdita della parità? Sembra quasi si volesse avere un alibi per poter dire: “E’ stato il Console non noi… E’ sua la responsabilità, non nostra”.
Sappiamo, e lo abbiamo anche scritto, che mentre alla nostra Collettività sta profondamente a cuore il futuro della Scuola – e siamo sicuri sarebbe ben contenta di partecipare a una cordata per il suo riscatto – altre persone hanno mostrato interesse ai suoi terreni, collocati in un’area urbanistica privilegiata.
E’ dovere di tutti noi, degli esponenti della Collettività organizzata, dei responsabili del Comites (in particolare della Commissione culturale e di quella giovanile) evitare che vada persa una bella tradizione di oltre mezzo secolo; che scompaia un pezzo della nostra storia; e che la scuola, nella quale molti di noi si sono formati, perda la parità. Senza di essa, l’“Agostino Codazzi” non avrebbe alcuna ragione di esistere.

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