A rischio la democrazia

L’impegno ed il coinvolgimento della comunità internazionale, di fronte alla incapacità del Presidente Chavez, di comprendere le pressanti richieste di larghissimi settori sociali venezuelani, sono significativi.

Da mesi l’OSA, Organizzazione degli Stati Americani, ed il suo Presidente Gaviria, sono attivamente all’opera per ricucire un dialogo tra governo e società civile, e scongiurare sbocchi violenti ancora più gravi di quelli già verificatisi fino ad ora.

L’ex Presidente statunitense, e Premio Nobel per la pace, Jimmy Carter, ha svolto un’azione stringente e meritoria al fine di conquistare e
garantire una scadenza certa e condivisa per una verifica elettorale e democratica della piena legittimità del Presidente Chavez e del suo governo.

Il Parlamento Europeo ha assunto posizioni importanti sollecitando la ripresa del dialogo tra le componenti.

Infine, su iniziativa del governo Lula, è stato opportunamente costituito il “Gruppo dei paesi amici” del Venezuela, che sta attivamente operando in direzione di uno sbocco pacifico e democratico della crisi sociale e politica venezuelana.

Tutti questi sforzi della comunità internazionale potrebbero essere vanificati da atteggiamenti di rottura, demagogici e strumentali che paiono prevalere nelle posizioni del Presidente Chavez.

A tratti si ha la sensazione che egli, in luogo di attivarsi, da legittimo Presidente, per uno sbocco equilibrato ed equo della grave crisi, preferisca suscitare risentimento e surriscaldare ulteriormente gli animi, alzando la tensione invece di abbassarla.

Mi chiedo se sia questo il ruolo di un Presidente che voglia rappresentare complessivamente il proprio popolo. Il rammentare i gravi errori ed i fenomeni
di corruzione ingiustificabili dei governi precedenti, non giustifica un
atteggiamento di scontro, pericoloso e gravido di possibili nefaste conseguenze.

Il Presidente, così facendo, non solo radicalizza i propri oppositori,
rafforzandone le componenti marcatamente di destra e antidemocratiche, che
puntano persino ad un colpo di Stato pur di raggiungere l’obiettivo
di destituirlo. Così facendo getta coscientemente discredito addosso
a quella ampia sinistra venezuelana, destinata ad essere la vera vittima
politica di questa vicenda. E tutto questo mentre la radicalizzazione populistica
e avventurista dello scontro sociale, rischia di allontanare per lungo tempo
tantissimi cittadini venezuelani dagli ideali della sinistra e del socialismo
democratico.

Questa è una preoccupazione non solo mia e dei Democratici di Sinistra
italiani, ma di tutte le forze politiche che compongono quella grande organizzazione
globale della sinistra democratica che è l’Internazionale Socialista.
Soprattutto dopo le gravissime vicende dell’arresto di alcuni dei leader
del grande sciopero, il residuo credito che il Presidente Chavez ancora
godeva in ambienti della sinistra europea e latinoamericana si è
andato via via assottigliando.

La Internazionale Socialista, dopo aver fermamente condannato il tentativo
di colpo di Stato e di chiusura del Parlamento, attuati nell’aprile
del 2002, è tornata ad intervenire sulla realtà venezuelana.
Lo ha fatto in occasione del suo Consiglio generale che abbiamo ospitato
a Roma il 20 e 21 gennaio scorsi. In quella occasione venne approvato un
documento molto esplicito e fermo nel chiedere al governo venezuelano che
rispetti i diritti umani, civili e politici, e che non impedisca l’attuazione
delle disposizioni costituzionali che garantiscono lo sbocco pacifico ed
elettorale della crisi.

A tutte queste considerazioni va aggiunta anche una preoccupazione specifica
per noi italiani: in Venezuela risiede, perfettamente integrata e parte
attiva e protagonista della vita economica, sociale e civile del paese,
una importante collettività di origine italiana. Se per un verso
l’attenzione che prestiamo, come sinistra democratica italiana, alla
situazione che attraversa il Venezuela, è dettata da considerazioni
politiche generali e dalla preoccupazione per le sorti della democrazia
in un paese amico, a cui ci lega una profonda simpatia umana e culturale,
per altro verso la presenza di una collettività italiana, formata
da centinaia di migliaia di persone, ci sprona a prestare ancora più
attenzione a questa congiuntura difficilissima. Penso che anche il governo
italiano dovrebbe attivarsi maggiormente e avere un protagonismo al livello
richiesto dalla gravità del momento e dalla folta presenza di nostri
connazionali nel paese.