Horacio Majorana Soldato della Pace

CARACAS.- Com’é assurdo affermare che “per raggiungere la pace
bisogna fare la guerra”.Quando inizia una guerra, nessuno é in grado di sapere
quanto tempo durerá. Dopo la prima guerra c’é sempre la seconda, quella piú
lunga, quando finiscono i bombardamenti ed iniziano gli attentati; quando
migliaia di esseri umani vagano tra le rovine: senza piú casa, alla ricerca
affannosa di un familiare da abbracciare, chiedendo aiuto con un filo di voce
incerta e insuffficiente per raccontare tutto l’orrore vissuto.


– La guerra era finita, Horacio é partito per l’Iraq a luglio
del 2003 in Missione di Pace- racconta.

Non esistono vincitori, quando finisce una guerra. Esistono
soltanto vittime. Vittime volontarie e involontarie di un maleficio che nasce
dalle menti di chi adula il potere, di chi affida erroneamente alle armi la
funzione della giustizia.

Armando Majorana non parla di guerra, non parla di politica:
parla soltanto di suo figlio Horacio, Carabiniere Scelto, appartenente al 7°
Reggimento Trentino Alto Adige, perito in un atroce attentato a Nassiriya, in
Iraq, il 12 novembre del 2003, assieme ad altri giovani colleghi italiani.

Horacio Majorana era nato a Caracas il 25 ottobre del 1974.
Secondo di tre fratelli, aveva quindici anni quando i suoi genitori, Armando e
Bernardina,che per trentasei anni avevano vissuto in Venezuela, decisero nel
1989 di rientrare in Italia, a Catania. Il padre di Horacio aveva lasciato il
suo ultimo incarico come Direttore Generale- Area Caracas del “Banco Occidental
de Descuento”.

L’Arma dei Carabinieri, L’Arma Nobile, conquista Horacio
all’etá di venti anni:- Era alla sua quarta Missione- prosegue Armando
Majorana – era stato in Bosnia, a Sarajevo, a Pristina… ci parlava dei
bambini orfani di guerra. Era amico di tutti i bambini. Quando tornava a casa
riempiva la valigia di giocattoli per portarli con se. In Iraq , con L’M.S.U. il
Corpo di Missione Speciale, lavorava al Tribunale Penale, faceva d’interprete,
conosceva varie lingue. Due giorni prima dell’attentato ci aveva chiamato. Tra
colleghi avevano comprato un telefono satellitale per parlare con tutti i
familiari, per conoscerci… Parlavamo ogni giorno. Era felice, “Preparatevi che
sto rientrando!”, ci disse e rivolto a me:”Papá, che ti porto dall’Iraq?”,
portami un cammello, riposi scherazando e lui, stando allo scherzo: “Papá, lo
sai che in Iraq non ci sono cammelli ma dromedari!”.

Due giorni dopo arriva la notizia della sua morte. I colleghi
ci hanno raccontato che era andato in Tribunale per ritirare definitivamente i
suoi documenti. In Caserma, stava preparando la valigia quando dal Corpo di
Guardia lo hanno chiamato perché necessitavano qualcuno che conoscesse la lingua
inglese: c’erano dei civili arabi che avevano bisogno di un traduttore. É sceso
proprio nel momento dell’esplosione….


– Horacio era cosciente di affrontare una guerra?


– No. I Carabinieri non consideravano d’andare in guerra. I
Carabinieri aiutavano i bambini affamati. Il nostro Esercito ristabiliva i
servizi pubblici, l’acqua, la luce. In Iraq la gente é buona. Horacio ci
raccontava che tutti accoglievano gli italiani con manifestazioni d’affetto, di
simpatia. Sapevano che i nostri ragazzi erano li per aiutare e li aspettavano a
braccia aperte. Prima di partire per l’Iraq, Horacio aveva chiesto a sua sorella
i vestitini smessi dei nipotini per portarli ai bambini iracheni. Quando era
libero dal servizio, correva all’Ospedale per soccorrere i bambini
feriti.-.


I funerali di Stato a Roma, in onore dei Carabinieri periti in
Iraq, si sono ripetuti a Catania, dove risiede la famiglia Majorana. Nella
scuola Meucci di Catania, si sta costruendo un parco infantile che, su richiesta
dei ragazzi, s’intitolerá a Horacio Majorana.

Nel Cimitero di Catania, in una piazzetta, sará eretto un
Mausoleo in ricordo dei Caduti e Horacio Majorana sará il primo ad
occuparlo.

Le espressioni di solidarietá verso la famiglia Majorana si
susseguono sempre vive. Armando Majorana le accoglie grato: “Ringrazio tutti.
Ringrazio i giornali, soprattutto “La Voce d’Italia”, il suo Direttore, Gaetano
Bafile. Grazie…grazie di vero cuore
“. Custodisce il suo dolore con
dignitosa fermezza. L’incontro a Caracas con il Direttore del nostro Giornale,
suo vecchio sincero amico di tanti anni, é stato sugellato con un forte
abbraccio. Le parole? Superflue: é bastato guardarsi negli occhi per raccontare
una vita.