Paolo Tizzanini, il chef che preferisce essere chiamato “oste”


CARACAS.- Ascoltare Paolo Tizzanini é rivivere l’incanto della terra toscana, i colori dei boschi, la dolcezza delle colline, la civitá etrusca, i profumi e i sapori di un mondo lontano e indimenticabile. Paolo e la moglie, Daniela Failli, famosi chef di Slow Food, movimento internazionale che dal 1989 appoggia la diffusione della cultura gastronomica tutelando la biodiversitá e il rispetto per l’ambiente, sono giunti in Venezuela in occasione del Festival Italiano per presentare, dal 25 al 31 ottobre presso il ristorante “Le Gourmet” dell’Hotel Tamanaco, il prelibato mondo della cucina toscana riscattandone antiche tradizioni.


– Perché parlate di “riscatto”? –


-Parliamo di Firenze. Oggi, i ristoranti fiorentini sono gestiti all’ottanta per cento da proprietari inglesi con personale egiziano-


– Anche le famose trattorie?


– Quasi tutte, meno la mia-.


E di questo, Paolo Tizzanini se ne fa vanto e si autodefinisce un autentico”oste”.


– Considero che la globalizzazione ha contribuito all’agonia dell’identitá toscana. Voglio sottolineare che tutti noi “siamo ció che mangiamo”, assaporando l’autenticitá dei prodotti della nostra terra ne siamo parte. La mia é l’unica Osteria toscana dove non si servono “Coca-Cola” ne’ “Fanta”. Per i bambini c’é la spremuta d’arancia-.


– Non ti sembra un’imposizione? –


– Davvero, no. Nel Ristorante si mangia ció che decide il cliente, nell’Osteria quello che l’oste prepara-.


– Qual é la differenza? –


– Il menú dell’Osteria, a differenza di quello dei grandi ristoranti, nel quale ci viene sottoposta la scelta di ben quindici piatti, comprende soltanto quattro piatti che vengono preparati con l’autentica sapienza dell’oste. Comunque, con lo Slow Food, adesso abbiamo una carta vincente: l’accordo tra chi produce (agricoltori) e chi trasforma (noi), a beneficio di chi consuma, con il doppio vantaggio di abbattere i costi e permettere che determinati tipi d’ortaggi o legumi non vengano sprecati per eccesso, assicurandoci inoltre, una eccellente qualitá per tutti gli alimenti che cuciniamo-.


– Cosí, tu sei contrario alla globalizzazione?


– Ho le mie riserve. La globalizzazione deve servire a far conoscere nuovi schemi senza adulterare l’autenticitá-.


– È vero che pur tanto impegnato nella realizzazione del Festival Gastronomico Toscano hai avuto tempo per visitare il mercato di Guacaipuro?


– Certo. E sono rimasto piacevolmente sorpreso perché vi ho trovato dei prodotti piú naturali di quelli che sono in vendita nei mercati italiani. Sai, io amo ragionare sul prodotto e, se vogliamo parlare di una cucina avviata al quarto millennio, dobbiamo sottolineare che l’alimento che offre piú garanzia é quello che appare e scompare a seconda delle stagioni. Per esempio: non é possibile che in Toscana i turisti giapponesi desiderino mangiare “ribollita” nel mese d’agosto. La ribollita, piatto tipico della nostra regione, fatto di pane e verdure, si mangia soltanto d’inverno-.


– Allora non bisogna accontentare i turisti?


– Dobbiamo avere il coraggio di dire “no” se vogliamo salvare le nostre tradizioni!-.


Paolo Tizzanini si é iniziato all’arte della gastronomia in una tipica fiaschetteria toscana, tra ottimo vino, squisiti crostini e saporitissimi salumi. Con “L’Osteria dell’Acquolina”, insieme alla moglie Daniela, specializzata in pasticceria, da il via, ad Arezzo, al riscatto dei prodotti tipici locali. Nel 2003, durante la prima asta internazionale del tartufo toscano, realizzata nel Castello di Cafaggiolo, famoso luogo dove vide la luce Lorenzo il Magnifico, con Daniela s’incarica della cena di gala, offrendo nuovi piatti a base di tartufo agli ospiti presenti, i maggiori produttori di vini toscani: Antinori, Barbi, Frescobaldi. Nel 2004 riceve il premio “Buona Cucina” della prestigiosa Guida del Touring Club Italiano, destinato soltanto a quattro dei piú famosi ristoranti d’Italia.


– Noi non vogliamo fare della tradizione una retorica, bensí una certezza. Non dobbiamo ricordare, ma rilanciare. Tentiamo di dare volto a un nuovo Umanesimo; vogliamo porre l’essere umano al centro della societá, coltivando le nostre autentiche tradizioni culinarie -.


– E il segreto piú importante per diventare chef?


– Il vero chef deve avere una gran sensibilitá nelle mani-.


– Come un musicista?


– Proprio cosí. Pasticcieri si nasce e chef si diventa con il tempo, perfezionando, accarezzando, contemplando. Tu l’hai detto:come un musicista-.