Un altro connazionale nelle mani di sequestratori


CIUDAD OJEDA:- Un altro italiano è stato rapito. Mario Apruzzese, di 72 anni, orginario di un paese in provincia di Frosinone, è stato sequestrato a Ciudad Ojeda da un commando di uomini armati mentre aspettava, nel parcheggio della scuola Jacques Lacane, l’uscita del suo nipotino. “Era lì anche il figlio Gerardo, in un’altra macchina – ci spiega il console di Maracaibo Bilancini – Quando ha sentito il trambusto e le grida è corso ma ormai era già troppo tardi.” Le autorità di polizia stanno seguendo le tracce di una Hyundai dorata e un Corsa grigio, usati apparentemente per trasportare Mario Apruzzese in qualche luogo nascosto, forse in Colombia. Apruzzese è coproprietario della catena di supermercati Sucosa ed era tornato in Italia da due anni. “Faceva avanti e indietro – aggiunge il console – e questa volta era tornato per il matrimonio della figlia”. Ciò che maggiormente preoccupa sono le conseguenze che può avere sulla sua salute il rapimento. Per fortuna sono ancora in Venezuela il tenente colonnello della Polizia di Stato Filippo Bonfiglio e il colonnello dei Carabinieri Franco Fantozzi, della missione antisequestro inviata dal Ministero degli Esteri italiano. Domani stesso andranno a Ciudad Ojeda per seguire da vicino le indagini di questo nuovo caso di rapimento. È sempre più evidente l’importanza della loro presenza tra noi. La gravissima situazione dei sequestri in Venezuela è ormai palese. Basta vedere il luogo dove è stato eseguito il rapimento: una scuola. Insomma ormai non c’è più nessun ritegno. Nessuno può far finta di non sapere la necessità che abbiamo di una missione permanente. Speriamo che, almeno in questa richiesta dalla quale dipende la vita di nostri connazionali, si ottenga una risposta favorevole da Roma.


Anche Renzo Botti, titolare di un calzaturificio di Valencia, Gerardo Filippi, proprietario di un’impresa di macchinari agricoli e Ornella Ferranti, ingegnere meccanico, ambedue di San Cristóbal, sono ancora nelle mani dei rapitori. Di quest’ultima non si ha ancora nessuna notizia.


Una casa immersa nel verde, tanti fiori e due gatte stupende. Tra quelle mura il dolore di due genitori: Ivo e Carla Ferranti. La figlia, Ornella, è scomparsa nel nulla lo scorso agosto mentre si recava a sbrigare una pratica in un’agenzia immobiliare. Nessuna traccia neanche della sua macchina, una fuoristrada Toyota cercata inutilmente in tutto lo stato Táchira. Da allora un silenzio di gelo. Nulla. Nessuno ha chiesto un riscatto e in casa aspettano aggrappandosi a ricordi e speranze. “Ornella è una donna forte, coraggiosa – ci dice la madre Carla, originaria di Mondovì, donna di una raffinatezza eterea e un’eleganza innata. E il padre, con orgoglio aggiunge: “Aiutava tutti, la sua casa era aperta a chiunque avesse bisogno di un gesto di solidarietà. E poi conosceva la selva meglio di qualsiasi altra persona, si inoltrava in quei cammini senza paura ed ormai era lei quella che seguiva la nostra concessione di legname.” Una pausa, l’emozione mozza il poco fiato che gli permette un efisema polmonare. Una macchina dell’ossigeno accanto a lui, sempre pronta ad aiutarlo in caso di crisi, denota lo stato di gravità della sua salute.


Scomparsa Ornella scompare anche la voglia di continuare a lottare per una concessione minacciata da invasioni e da taglieggiamenti. “A fine anno l’abbandoniamo” ci dice con tristezza Ivo Ferranti. Sa bene che con la concessione se ne andrà un pezzo di vita importante, un sogno portato avanti nonostante le perplessità della moglie che per anni ha lottato contro quel suo desiderio, considerandolo un po’ una follia. “E invece aveva ragione lui” sospira Carla “Ma io avevo paura, e poi ero dell’idea che uno doveva fare quello che sapeva e lui era un ottimo parrucchiere”. Parrucchiere inquieto ed estroso. Aveva lavorato in Svizzera per uno dei migliori stilisti. “Facevamo anche servizio a domicilio, sia per uomini che per donne, e quando ho deciso di andar via aveva chiamato il principe Ali Khan chiedendo di me. Si era rotto una gamba e doveva tagliarsi i capelli. Ma io volevo andar via. Sa, avevo litigato con la morosa e, dopo aver visto il concerto di una pianista, mi era entrato il desiderio immenso di rivedere Carla. Ho lasciato tutto e sono tornato in Italia.”


Carla, molto più giovane di lui, pensava ad un altro fidanzato quando un enorme mazzo di fiori le anticipò l’arrivo di Ivo Ferranti. “Mi ha portato anche un bellissimo anello con un brillante e altre cosine. L’anello gliel’ho restituito subito per fargli capire che a me lui non interessava affatto. Ma poi non so cosa mi sia successo. In una settimana ho cambiato idea e mi sono innamorata. Dopo tre mesi eravamo sposati e siamo venuti in Venezuela.” “Io sono una fregatura a colori” dice ridendo Ivo Ferranti. E basta questa frase per capire le ragioni per cui, in una sola settimana, una donna come Carla si sia innamorata di lui. Dopo il matrimonio sono venuti direttamente a San Cristobal, la città nella quale viveva un gruppo di turisti venezuelani che Ivo Ferranti aveva accompagnato in Svizzera e per caso aveva ritrovato in Italia. “Ci siamo innamorati subito di San Cristobal e ancora oggi Ivo è molto legato a questa terra“.


Ha lavorato sodo come tanti e in cinque anni sono nati quattro figli. “Ma avevo anch’io voglia di lavorare e di aiutare economicamente la famiglia – prosegue Carla – anche se lui non era molto d’accordo. Ho iniziato a dare lezioni di piano e poi sono diventata professoressa nel Conservatorio di San Cristóbal, una bellissima esperienza durata 27 anni.”


Ricordi che si intrecciano mentre ci mostra le sue foto di matrimonio disposte su uno splendido piano a coda. Guardiamo quel viso da bambina e pensiamo ai suoi tanti momenti di solitudine trascorsi in una terra incastrata tra le Ande, di una bellezza magica ma tanto lontana dai genitori e dalla vita di sempre. Eppure nessuno di quei momenti può paragonarsi con il calvario attuale. Ora dopo ora aspettando una chiamata, un cenno che dimostri che Ornella è ancora viva, che esiste una speranza di riscattarla da quel buco scuro che l’ha ingoiata.


“È una donna così solare, ama la natura e gli animali, la sua casa è piena di animali di ogni tipo. Ed è anche dura, forte come una roccia, ma con un cuore immenso. Negli ultimi tempi era un po’ preoccupata, aveva fatto qualche piccolo cenno a minacce, ma poi non aveva voluto spiegare altro. Non sappiamo cosa pensare. Aspettiamo.”


Altro non si può fare. Aspettare, sperare che tutto si concluda con il pagamento di un riscatto, non importa se in quel pagamento sfumano i sacrifici di una vita. L’allegria di riavere la figlia sana e salva non ha prezzo. E chi commercia con la disperazione della gente lo sa bene.