“Spaesaggismo: más allá del paisaje”


Roberto Mineo è un allegro quarantenne di Milano, sorridente, cordiale e soprattutto indistruttibile,non solo per la stazza. Raccontare la sua giornata di lavoro è una impresa, fa di tutto, lavora anche 17 ore al giorno, ma tutto quello che fa è indissolubilmente legato alla fotografia, sua vera passione. Una fotografia vecchio stile, fatta di pellicole e luci, ma che guarda con fiducia al proprio futuro, lungimirante e aperta al mondo delle arti visive, al cinema, alla scultura, alla pittura. Uno zibaldone che Roberto rivendica con fierezza, presentandosi come fotografo un po’ pittore un po’ scultore e, perché no, anche un po’ tipografo .


Al Centro Culturale la Estancia arriva con una mostra intitolata “Spaesaggismo: más allá del paisaje”. Per la prima volta in Venezuela con diciassette fotografie o meglio foto-sculture. Ma andiamo con ordine e cerchiamo di immergerci nel suo mondo, partendo proprio dalla sua formazione: “Sono nato cresciuto a Milano, poi ho seguito i miei genitori che si sono trasferiti a Palermo. Lí ho studiato Lettere, insomma sono un emigrato al contrario” ci dice sorridendo nella Sala la Trilla, quella in cui si è inaugurata la sua opera il 7 novembre, alla presenza dell’Ambasciatore- “A Palermo mi sono trovato bene, ho collaborato con la Galleria d’arte “L’Immaginaria”, ed ho sviluppato alcuni cataloghi commerciali . In veritá, peró, se vuoi fare il fotografo, e non ridurti solo a matrimoni e battesimi,non hai molte scelte. Milano è una vera e propria capitale mondiale, lí ci sono le riviste di moda, le opportunitá di lavoro, tutti gli strumenti per perfezionasi: è una cittá fondamentale sotto questo aspetto, come Parigi, come New York, come lo è Los Angeles per il cinema. Lí ho potuto collaborare con tante riviste, “Vogue Italia”, per esempio, e qui ho fondato anche la scuola johnkaverdash ( nome rigorosamente inventato) . Siamo 11 professionisti e con un massimo di 350 studenti cerchiamo di raggiungere l’eccellenza nella fotografia”- ” ma con tutto questo lavoro quando trovi il tempo per le tue foto-sculture?”- ” La veritá è che lavoro anche di notte”. E che lavoro dietro ogni foto! Un trionfo di dettagli, di minuzie che possono incollare all’opera anche un occhio distratto.


“La realtá che c’era non mi piace, e cosí me ne sono creata una a modo mio, per ognuna di queste foto ci vogliono dai tre ai sei mesi di lavoro, bisogna fare la sceneggiatura, come al cinema, e poi curare le luci, scattare la foto, il computer quasi non l’utilizzo, solo per l’essenziale. Curo ogni paticolare, anche la stampa finale : ovviamente a torchio. Posso fare massimo 10, 15 copie, ma in questo modo posso raggiungere una densitá di colori incredibile, vedi questo blue notte” Si, è profondo da lasciar di stucco. Quella di Roberto Mineo è una fotografia surreale, che ricorda la pittura di Salvador Dalí e De Chirico, ma è soprattutto un atto di ribellione senza mezzi termini: contro la fotografia digitale, che uccide l’estro e il tocco dell’artista, ma anche contro la fotografia intesa come semplice strumento per ritrarre la realtá ” e chi lo dice? Io con le mie foto posso rappresentare l’irrealtá, il surreale, prima me lo costruisco in laboratorio, e poi lo fotografo. Ma bada bene, non uso il computer, lo riduco all’essenziale. E lo sai perché?”- ” immagino me lo dirai tu.”- “Cosa rende questo pavimento reale?”- silenzio- ” il pavimento è reale per le imperfezioni, per le asimmetrie della mattonella, per quella un po’ scorticata : se usassi il digitale tutto sarebbe perfetto, bisogna avvicinarsi alle mia foto per capire quello che voglio dire “. E difatti le sue opere d’arte piú che i tempi moderni, fatto di nanosecondi, e di De Kooning che spremeva i tubetti di colore sulla tela, ricorda le vecchie scuole rinascimentali, dei giorni, dei mesi passati per un semplice ritratto. Basta poco per immaginarselo impegnato nelle notti fredde di Milano a costruire il suo set , a cui poi scatterá la foto:un’auto che trasporta una bottiglia di Coca Cola, con da sfondo un cielo fatto ad acquarelli, o la mano dell’extraterrestre che sulla luna afferra una camera fotografica lasciata lí durante lo storico allunaggio.


“tutto questo lavoro!! ne vale la pena?”- “SI”- “la fotografia artistica ha futuro?” SI”