Magro Natale per i nostri contrattisti


A ben poco sono valse le proteste, le analisi, le ragioni emerse da più parti per evitare che i contrattisti assunti dai Consolati italiani fossero costretti a lasciare il posto di lavoro. A dicembre scade il contratto e, a prescindere dalla serietà e competenza con cui hanno svolto il loro incarico, dovranno abbandonare i Consolati lasciando un vuoto che sarà davvero difficile colmare.


Per quanto ci riguarda sono dieci i contrattisti che andranno via. DIECI! Dieci persone in meno in un Consolato che già oggi boccheggia, che già oggi è fortemente inadeguato alle esigenze di una collettività come la nostra. Basta dire che a febbraio è stato indetto un nuovo concorso per assumere altricinque contrattisti ai quali sarà prolungato di un mese il loro tempo di lavoro e che due giorni fa ne è stato fatto un altro per assumere un nuovo impiegato a tempo indeterminato. Da un lato si cerca disperatamente di coprire buchi che rischiano di diventare voragini, dall’altro di creare una rotazione che eviti al lavoratore una qualsiasi tutela del posto di lavoro.


Giochi ministeriali che, ancora una volta, non tengono in nessun conto le reali necessità degli italiani all’estero.


Le ragioni più o meno palesi di chi sostiene il licenziamento dei contrattisti sono quanto meno offensive. Varie le accuse striscianti: i concorsi non sono trasparenti e vanno avanti i raccomandati, i contrattisti non sono affidabili perchè legati alle collettività. Per quanto riguarda la prima accusa, se fosse vera, chi la sostiene dovrebbe cercare i colpevoli tra chi sceglie e non tra chi è scelto. Sarebbe come dire che i lavoratori perdono ogni diritto quando il loro datore di lavoro è disonesto. Eventualmente bisognerebbe chiedere un maggiore controllo, che tutti gradiremmo, al momento della selezione, magari proponendo inserire nella commissione esaminatrice anche rappresentanti delle varie istanze della collettività o esperti inviati dal Ministero. La seconda illazione è totalmente assurda. Innanzi tutto perchè si suppone che in un Consolato esistono dei controlli che garantiscono la trasparenza della documentazione e in secondo luogo perchè, contrariamente a quanto si dice, per il fatto di essere parte delle comunità alle quali prestano un servizio tanto importante come sono le pratiche consolari, i contrattisti hanno un rapporto più umano, più paziente, con gli utenti che spesso, invece, si lamentano della durezza degli impiegati. Durezza che il più delle volte si giustifica con la pressione del lavoro. E allora, cosa accadrà quando l’organico dovrà fare a meno di ben dieci persone che venivano usate come jolly negli uffici in cui ce n’era maggiore bisogno? E quale sarà il destino delle pratiche che arrivano dall’interno? Quanto dovrà aspetttare chi chiede la ricostruzione di una cittadinanza, percorso già oggi lungo e difficile? E soprattutto: cosa accadrà con la depurazione e organizzazione dell’anagrafe?


Le collettività italiane all’estero hanno bisogno di risposte serie ai loro problemi più gravi. Le belle parole non bastano più. In Venezuela da anni si chiede l’apertura di un nuovo consolato nella zona di Aragua e Carabobo, regioni con una forte densità di italo-venezuelani. Da anni si chiede anche che il Consolato di Caracas abbia una sede e un organico adeguati alle sue esigenze. Le carenze della struttura attuale sono state denunciate dall’ambasciatore Carante subito dopo il suo arrivo in Venezuela. Richieste vane. Fino ad ora nulla è cambiato. Anzi. Da gennaio avremo 10 persone in meno negli uffici consolari. Magro Natale per i nostri contrattisti e un magrissimo anno nuovo per la nostra comunità.