Gastronomia Lombarda


Parlare di una gastronomia lombarda è molto difficile ma se vogliamo trovare un minimo comun denominatore gastronomico, appare chiaro che quella Lombarda è cucina di lardo e di burro (come quasi ovunque sopra la linea dell’Appennino), in cui prevalgono le tecniche di lunga cottura, come la lessatura e la stufatura, in cui la pasta è arrivata solo recentemente ad avere diffusione di massa e a usurpare in qualche modo il ruolo storicamente acquisito dal riso e dalle polente. E’ dunque cucina di brodi, di pucie, cioè di sughi, e di zuppe: cucina di cucchiaio, più che di forchetta.


E’ una cucina dove si possono gustare piatti della tradizione padana o alpina, (il risotto alla pitocca e quello alla certosina, il vitel toné, i tortelli di zucca, i casonsei bergamaschi ecc.) oppure i formaggi (le bresaole, il gorgonzola, il grana e la maggior parte dei formaggi tipici, la mostarda cremonese, le cipolline sott’aceto e il pan de mej). Un antipasto di nervetti o un bel piatto di polenta concia o uncia alla maniera tradizionale, dei pescetti di lago carpionati, una sostanziosa minestra d’orzo o dei fagioli con l’occhio e cotiche (una volta d’obbligo nel giorno dei morti), è sicuramente da provare!


Un po’ di storia


Anche in Lombardia la tradizione gastronomica è stata fortemente influenzata dalle caratteristiche naturali del territorio e dalle vicende storiche. Per lunghissimo tempo le città lombarde sono rimaste divise tra di loro, cadendo di volta in volta sotto il dominio delle potenze confinanti e sviluppando nel tempo usanze anche molto differenti l’una dall’altra. Proprio per questo oggi diciamo che è quasi impossibile parlare di un’unica cucina regionale lombarda, visto che ogni provincia ha maturato una propria particolare varietà di usanze.


Ad esempio, i vini e la cucina della Valtellina sono stati oggetto di attenzioni da parte di numerosi scrittori. I maggiori poeti latini come Virgilio, Orazio, Plinio e Strabone e nel Rinascimento Leonardo da Vinci esaltarono più volte il gusto della cucina valtellinese. La gastronomia della Valtellina ha subito una serie di influenze legate a complessi momenti storici. Questo territorio ,infatti ,fu più volte conquistato da varie popolazioni e a lungo fece parte dell’impero di Carlo Magno. La cucina è dunque una cucina povera;che si basa su semplici piatti resi sempre gustosi da spezie varie. In passato la selvaggina e i pesci d’acqua dolce comparivano solo sulle poche tavole dei nobili e dei religiosi cotte direttamente sul fuoco per tutto il Medioevo e poi sugli spiedi aromatizzati da bacche di ginepro, alloro e rosmarino. Tutta la popolazione invece si dedicava alla creazione di deliziose ma semplici pietanze a base di farina di frumento, segale, mais ,di frutti di bosco,di funghi e castagne. Le massaie impastavano con grande arte farina, burro e formaggio creando delle specialità che sono rimaste immutate nel tempo come gli gnocchi alle castagne. Famosissima e altrettanto diffusa è la polenta: la polenta taragna, una polenta gialla cotta con abbondante latte, burro e formaggio e i pizzoccheri in varie versioni ma sostanzialmente un piatto di listelli di pasta di farina nera di grano saraceno cotta con la verza.


Ma Cremona è anche una delle città più famose per la produzione di torrone. Si narra che per il matrimonio di Francesco Sforza con Bianca Maria Visconti, che fu celebrato a Cremona nel 1441, i pasticcieri di corte, proposero ai commensali un dolce a base di uova, mandorle e miele che riproduceva il famoso Torrazzo, la torre campanaria della Cattedrale. Quando si parla della gastronomia cremonese non si può non fare riferimento alla famosissima mostarda che risale al 1604 e che è fatta con i frutti interi o a grossi tocchi, è diversa da quella mantovana a fettine o macinata.