Il retaggio d’un Abruzzo forte e gentile

CARACAS.- Appena un paio di mesi fa nel Centro Italiano Venezolano il clima elettorale era rovente ma si sa, come sempre accade in elezioni cosí importanti, quando si tratta di scegliere la nuova Giunta Direttiva, si profilano stati d’animo comprensibili, affiorano simpatie o antipatie, mentre i discorsi cadono su questo o quel candidato alla presidenza del C.I.V, ed i commenti si limitano ad un “magari” ponendo all’unanimitá l’accento su una esigenza molto sentita: gestione trasparente, concordia, autenticitá di quegli inestimabili valori che accompagnarono fin dall’inizio i fondatori della nostra massima Istituzione.
Concluse infine le elezioni, é tornato il sereno. Con i connazionali che sono stati chiamati dal consenso della maggioranza dei soci a dirigere il C.I.V. si auspica giá il fiorire di tante simpatie attorno ad un Centro che tende a spalancare le sue porte nello spirito di una comprensione mutua e fraterna.
Il neo Presidente, Angelo Bianchini non é un uomo nuovo, se per nuovo s’intende chi per la prima volta affiora alla ribalta del nostro C.I.V..
Tenace come sanno esserlo gli uomini del suo Abruzzo “forte e gentile”, ha assunto la Presidenza del Centro mirando piú agli oneri che agli onori. É a lui che abbiamo posto alcune delle domande che ci premono: ” Il Centro – ci dice rispondendo ad un nostro primo “perché” – rappresenta da quando avevo l’etá di sette anni la mia seconda casa. Ricordo che la mia prima attivitá sportiva fu il nuoto. Mio padre ci teneva che i suoi tre figli apprendssero a nuotare”. Donato Bianchini, il papá di Angelo, Lucio e Adelaide era un abruzzese autentico che dalla Cittá di Penne in provincia di Pescara decideva con l’identico ardire di tanti altri nostri noti e amati pionieri di trasferirsi in Venezuela. Forse, durante i suoi appassionanti anni vissuti ricordando l’amore per la propria terra abruzzese e perpetuandone le belle antiche tradizioni in Venezuela, non immaginava che il suo piccolo Angelo, quel ragazzino che a sette anni aveva tentato le prime bracciate nella piscina del Centro Italiano Venezolano ne sarebbe divenuto all’etá di quarantacinque anni il Presidente.
Angelo Bianchini presiede una Giunta che quasi in un mosaico ideale, esprime un po’ tutte le categorie della nostra Comunitá. É una Giunta di persone concrete; persone disposte a lavorare con entusiasmo, con convinzione . “É fuori discussione che dalla nostra mentalitá é molto lontano ogni qualsiasi atteggiamento di carattere negativo – sottolinea – in questo nostro Centro c’é spazio per tutti, senza rancori, senza ritorsioni, purché si faccia, purché si interpretino, senza mortificarle, le aspirazioni comuni. Il Centro, sia ben chiaro, é nato all’insegna dell’unione, e l’aspirazione dei suoi fondatori é oggi piú viva che mai”. Sulle finalitá del Centro il suo Presidente ha le idee lucide, che ben s’inquadrano nella nostra realtá:” Ritengo che l’Istituzione vive le ansie, le speranze, i problemi di cui é intessuta la nostra vita. Attraverso i suoi soci che esprimono le qualitá proprie della nostra gente, il Centro deve offrire un contributo positivo in tutti i settori della vita umana, aiutando a far conoscere meglio la nostra cultura, le nostre tradizioni, la nostra storia. A questi obiettivi, con il corollario delle altre attivitá ricreative e sociali, tende in effetti il Centro”.
Angelo Bianchini, noto industriale dell’edilizia, é sposato con la Signora Emilia, anch’essa figlia di genitori italiani: liguri. Il loro é un amore nato nel Centro, tra giochi e allegrie di adolescenti, un amore bello dal quale sono sbocciate due stupende creature: Ornella di undici anni e Donatella di otto: “Donatella perché il suo nome fa onore a quello di mio padre”, precisa Angelo, e ne intuiamo il carattere appassionato, l’amore per i ricordi d’infanzia, per la terra dei propri genitori, il rispetto per la sapienza degli anziani. “Sai, io ho sempre prediletto l’amicizia con persone piú adulte di me, fin da quando avevo diciotto anni. Per esempio, ricordo che desideravo tanto giocare a “boccette” ma non mi accettavano perché, secondo loro, ero troppo giovane.Mi chiedo ancora perché questo sport come quello delle “bocce” deve essere prerogativa di un circolo chiuso, trattandosi di giochi tipicamente italiani”.
– Quando ti sei riproposto di assumere l’impegnativo incarico di Presidente del Centro Italiano Venezolano a cosa ambivi?
“Svolgere un compito improntato sulla massima onestá, al servizio di tutti i soci, con trasparenza. Contare davvero con la partecipazione di ciascuno per risolvere qualsiasi problema. Cooperare tra tutti, ascoltare i suggerimenti dei soci: le porte dell’ufficio della Presidenza sono sempre aperte.
– Quanto sei legato all’Italia…all’Abruzzo in particolare?
“Infinitamente. A volte, mentre passo per un certo luogo di Caracas sento un profumo di alberi di pino e mi torna in mente quel profumo cosí particolare di Cittá di Penne e, come accade alla maggior parte di noi figli d’emigranti, quando stiamo per un periodo in Italia ci manca il Venezuela e quando stiamo in Venezuela pensiamo all’Italia”.