I diritti umani traditi dai Governi


ROMA.- I governi stanno tradendo la promessa di un ordine mondiale basato sui diritti umani e stanno portando avanti una nuova, pericolosa agenda. È la denuncia contenuta nel Rapporto Annuale 2005, presentato in numerose capitali del mondo.


– Nel corso del 2004, i governi non hanno mostrato leadership morale e di questo fallimento devono essere chiamati a rispondere – ha dichiarato Paolo Pobbiati, presidente della Sezione Italiana di Amnesty International -. Hanno tradito i loro impegni in materia di diritti umani e stanno promuovendo una nuova agenda in cui il linguaggio della libertà e della giustizia viene usato per portare avanti politiche di paura e insicurezza.


Di questa nuova agenda, abbinata alla paralisi e all’indifferenza della comunità internazionale, hanno pagato le conseguenze innumerevoli migliaia di persone nelle crisi umanitarie e nei conflitti dimenticati che hanno contraddistinto l’anno passato.


Nel Darfur, il governo sudanese ha dato vita a una catastrofe dei diritti umani e la comunità internazionale ha fatto troppo poco e si è mossa troppo tardi per reagire alla crisi, tradendo centinaia di migliaia di persone. Ad Haiti, i responsabili di gravi violazioni dei diritti umani hanno potuto riconquistare posizioni di potere. Nella Repubblica Democratica del Congo orientale, non c’è stata alcuna risposta efficace allo stupro sistematico di migliaia di donne, bambine e persino neonate. Nonostante lo svolgimento delle elezioni, l’Afghanistan è precipitato in una spirale di assenza di legge e instabilità. La violenza in Iraq è stata endemica. A livello nazionale, i governi hanno tradito la causa dei diritti umani con costi terribili per la gente comune. I soldati russi hanno impunemente torturato, stuprato e sottoposti ad altri abusi sessuali le donne in Cecenia. Il governo dello Zimbabwe ha strumentalizzato politicamente la penuria di cibo. Il tradimento dei diritti umani da parte dei governi è stato accompagnato da atti sempre più orribili di terrorismo e i gruppi armati hanno raggiunto nuovi livelli di brutalità.


– Le immagini delle decapitazioni degli ostaggi in Iraq, il sequestro di migliaia di persone, tra cui centinaia di bambini, nella scuola di Beslan e il massacro di centinaia di pendolari a Madrid hanno scioccato il mondo – ha aggiunto Pobbiati -. Ciò nonostante, i governi non hanno voluto ammettere la mancanza di successo nella lotta al terrorismo, portando avanti strategie fallimentari ma politicamente convenienti. Quattro anni dopo l’11 settembre, la promessa di rendere il mondo un luogo più sicuro rimane vana.


Il tentativo dell’amministrazione Usa di annacquare il divieto assoluto di tortura attraverso nuove politiche e il ricorso a un linguaggio quasi manageriale fatto di espressioni quali “manipolazione ambientale”, “posizioni stressanti”, “manipolazione sensoriale” ecc., è risultato uno dei più dannosi assalti ai valori globali. Nonostante gli Usa abbiano continuato a usare il linguaggio della giustizia e della libertà, lo scarto tra retorica e realtà è rimasto profondo. Ciò è acutamente illustrato dalla mancanza di indagini esaurienti e indipendenti sull’agghiacciante fenomeno dei maltrattamenti e delle torture nel carcere iracheno di Abu Ghraib e dall’assenza di provvedimenti nei confronti delle più alte cariche dell’amministrazione statunitense.


Gli Usa, superpotenza politica, militare ed economica senza rivali, stabiliscono la linea di comportamento per i governi. Quando il paese più potente del mondo si fa beffe del primato della legge e dei diritti umani, concede agli altri paesi la licenza per compiere abusi nell’impunità. Molti governi hanno mostrato un disprezzo clamoroso nei confronti del primato della legge. La Nigeria ha garantito a Charles Taylor, ex presidente della Liberia, lo status di rifugiato nonostante fosse incriminato per omicidi, mutilazioni e stupri; Israele ha proseguito la costruzione di una barriera all’interno della Cisgiordania occupata, ignorando l’opinione della Corte internazionale di giustizia secondo cui tale azione viola il diritto internazionale dei diritti umani e il diritto umanitario. Detenzioni arbitrarie e processi iniqui hanno avuto luogo, sulla base di legislazioni di sicurezza, in numerosi paesi. Ma nel 2004, ha ricordato Pobbiati, ci sono stati anche segnali di speranza. Tra le sfide legali alla nuova agenda, vanno ricordati i giudizi della Corte suprema Usa sui detenuti di Guantánamo e la decisione della Camera dei Lords britannica sulla detenzione a tempo indeterminato, senza accusa né processo di “presunti terroristi”. La pressione dell’opinione pubblica ha dato vita alla protesta di milioni di persone in Spagna contro gli attentati di Madrid, alle rivolte popolari in Georgia e Ucraina e a un crescente dibattito sul cambiamento politico in Medio Oriente.


– Sempre di più, la doppiezza dei governi e la brutalità dei gruppi armati vengono contrastati dalle sentenze giudiziarie, dalla resistenza popolare, dalla pressione pubblica e dalle iniziative di riforma delle Nazioni Unite. La sfida per il movimento dei diritti umani è di accrescere il potere della società civile e spingere i governi a mantenere le loro promesse sui diritti umani – ha concluso Pobbiati.


Per quel che riguarda il Venezuela, poi, Amnesty International sostiene che la polarizzazione politica continua a desestabilizzare il Paese. I responsabili dell’eccidio dell’11 aprile 2002 non sono stati consegnati alla giustizia. Ci sono poi rapporti sulle torture ad opera di presunti agenti di polizia. Stando sempre al rapporto di Amnesty International, in Venezuela le condizioni delle carceri sono disumane e hanno provocato la reazione e le proteste dei detenuti. Amnesty ha denunciato anche le continue minacce ai giornalisti. Segnala, quindi, che nella frontiera con la Colombia sono avvenute esecuzioni considerate a fine politico.