Cinquant’anni d’amore con l’Abruzzo nel cuore


CARACAS.- Tornare a casa, a quell’indimenticabile Abruzzo forte e gentile che ha accarezzato i nostri primi sogni di vita, soprattutto quando si tratta di momenti tanto importanti della nostra esistenza, sembra essere un costante appuntamento dell’anima della maggior parte dei nostri corregionali. A tale proposito, ricordiamo un allegorico racconto ascoltato durante i nostri  anni d’infanzia mentre seguivamo incantati i gesti di un pescatore assorto nella consueta quiete del tramonto che tingeva di rosso fuoco l’orizzonte, proprio dove l’Adriatico si confondeva con il cielo e,  piú in la’, come assicuravano i vecchi, tanto prossima da  «poterci arrivare a nuoto, c’era l’antica Jugoslavia. Il pescatore raccontava la parabola dell’emigrante, cosí, con semplicitá e senza malizia:«…un amico mio era partito giovanissimo a cercare fortuna in America. Dopo quaranta anni, l’ho ritrovato proprio quí, a lanciare la canna da pesca nell’acqua, seduto su questi massi che dividono il fiume Pescara dal mare. – Giuvá, che fai? – gli ho chiesto meravigliato – Perché sei tornato dall’America?. «Beh, devi sapere – mi ha risposto Giovanni – che  ho fatto fortuna; ho lavorato tanto, ho formato una bella famiglia, sono conosciuto e apprezzato dai nostri connazionali che vivono lag giú…» – E allora, perché sei tornato? «Perché, dopo tanto lavoro é arrivato finalmente il momento di riposarmi e sedermi quí su queste pietre a pescare e a  guardare il tramonto. E poi, te lo devo confessare: come facevo con la nostalgia?»


– Giuvá, ma quanto sei fesso! Mi vuoi spiegare allora, che sei  partito a fare per l’America se tutto questo giá ce l’avevi senza spendere un soldo da quando sei nato?-.


Saggezza antica. E, senza aggiungere di piú, dedichiamo questa piccola parentesi a chi siamo certi, ha compreso  che si puó emigrare cento, mille volte, ma la vera terra nostra, quella che abbiamo toccato per la prima volta con i nostri insicuri primi passi, non si scorda mai. E cosí, torniamo a Montesilvano (Pescara) insieme a Nicola Ciammaricone e Gilda Falini  che lo scorso 30 aprile hanno festeggiato le loro nozze d’oro in un noto locale del luogo. La storia di Nicola e Gilda é bella, nostalgica e non si discosta molto dall’infinita gamma di tante altre nostre storie appartenenti al mondo dell’emigrazione.


Nati a Ripattoni, localitá del Comune de Bellante, s’innamorano giovanissimi. Nicola decide di emigrare in Venezuela all’etá di diciassette anni, ma non dimentica Gilda. La sposa per procura appena é in grado di offrirle un futuro stabile. Lui fa il fabbro, ma piano piano, con i risparmi, mette su un fabbrica di accessori per auto affermandosi in breve fra l’eletta schiera degli abruzzesi noti e rispettati in Venezuela: ha ricevuto dal Presidente della Repubblica d’Italia, Azeglio Ciampi, circa quattro mesi fa, l’onorificenza di Cavaliere del Lavoro.


Ma Nicola non dimentica le sue origini. È un uomo retto, onesto, sincero, tutto cuore quando si tratta di sostenere la causa dei piú deboli.


Ha lavorato sempre in funzione delle proprie radici. É stato durante quattro anni Presidente della Federazione  Abruzzesi e Molisani del Venezuela, attualmente ricopre l’incarico di secondo Vice Presidente dell’Associazione Abruzzesi e Molisani ed é imminente la sua nomina a Consultore della Regione Abruzzo per il Venezuela.


A celebrare le nozze d’oro di Nicola e Gilda erano presenti, naturalmente, le loro tre figlie: Loredana, Gabriella e Lisbeth; i nipotini: Sarkys, Nicola e Massimo (Adriano e Claudio lo erano con il cuore, trattenuti purtroppo per cause di forza maggiore in Venezuela); i parenti, gli amici di sempre, quelli che con Nicola e Gilda Ciammaricone vivono l’Abruzzo in Venezuela, come i cari Anna e Amedeo Di Lodovico, altri indivisibili amici  come Michele Castelli e poi, Armando Scalzone, Ispettore Generale della Guardia di Finanza di Teramo; il Sindaco di Castallalto, Gabriele Ruggeri, che durante la cerimonia ha donato a Nicola una targa ricordo della municipalitá in quanto referente della comunitá abruzzese di Caracas. Nella sala dove si é svolta la significativa cerimonia, capeggiava una riproduzione in miniatura della nave «Luciano Manara» sulla quale Nicola s’imbarcó la prima volta dal porto di Napoli per emigrare in Venezuela nell’anno 1949.


Anni lontani e mai dimenticati. Lacrime di nostalgia e sorrisi di compiacimento quando il lavoro progrediva, quando nascevano le figlie. Dicevamo, all’inizio del nostro articolo, che la storia dell’emigrazione italiana nel mondo racchiude infinitá di storie che s’assomigliano: alcune, purtroppo, meno liete di altre, ma anche quelle piú felici hanno un unico comun denominatore: la nostalgia.  É la nostalgia per la terra d’origine; un sentimento struggente  che diventa piú forte con il trascorrere degli anni, che non ha rimedio perché indietro, al tempo dei gloriosi vent’anni é impossibile tornare.


La S. Messa che ha benedetto le nozze d’oro di Nicola e Gilda ha avuto luogo a Ripattoni celebrata da don Luigi Lamona e don Primo Jozii. Ma Nicola Ciammaricone non solo non dimentica il suo Abruzzo «forte e gentile», ha il cuore grande e sa bene che nella comunitá italiana residente in Venezuela non sono tutte rose e fiori. Le spine ci sono e le abbiamo toccate con mano accanto a Padre Zelindo, presso la sede della Missione Cattolica Italiana, quando la solidarietá assume l’arduo compito di moltiplicare il «pane e i pesci» per offrire ai connazionali bisognosi, a quelli che per infinite ragioni non «hanno fatto fortuna» e che un giorno lontano hanno dovuto rinunciare alla nazionalitá italiana per poter lavorare in Venezuela e  non sono piú riusciti ad  ottenerla per i motivi burocratici che tutti conosciamo, e  non hanno neppure diritto a una pensione sociale, come accade per qualsiasi italiano che vive nella madrepatria, un abbraccio di solidarietá,  un pasto caldo servito con amore. A loro, Nicola Ciammaricone ha pensato celebrando a Montesilvano una data cosí importante per lui e Gilda. Gli omaggi dei convenuti alla riunione augurale per i cinquanta anni di matrimonio della felice coppia, sono stati donati a sostegno dell’opera buona e umana di Padre Zelindo. Ai tremila e trecento Euro (3.300), avuti in regalo, Nicola ne ha aggiunti altrettanti: sono quindi seimila e seicento Euro (6.600), circa ventidue milioni di Bolivares in valuta venezuelana che sono stati destinati all’aiuto che Padre Zelindo propizia  a quanti, nati in Italia sono emigrati per «cercare fortuna» in Venezuela e non ce l’hanno fatta.