Una “finanziaria ad hoc” per gli italiani nel mondo


ROMA

.– E’ all’esame della Commissione Esteri della Camera dei Deputati italiana una proposta di legge che potrebbe permettere la nascita di una società finanziaria destinata a favorire e promuovere le iniziative imprenditoriali e culturali degli italiani residenti o operanti all’estero, promuovendo il reimpiego dei loro capitali in Italia. La finanziaria si avvarà di un patrimonio iniziale di 25 milioni di Euro dello Stato e dell’apporto di capitali pubblici e privati.


Firmatario della proposta, depositata nell’aprile del 2004 la ‘Società per gli italiani nel mondo’, così è stata battezzata, è una società finanziaria finalizzata a diventare il principale strumento per la movimentazione delle risorse finanziarie di cui dispongono gli italiani residenti o comunque operanti al di fuori del territorio nazionale. Un’iniziativa che voleva essere, nelle intenzioni di chi l’ha proposta, un fronte di impegno di decisiva rilevanza per caratterizzare la nuova politica per gli italiani nel mondo. Nella presentazione, infatti, i promotori dell’iniziativa indicano come un fattore che ha oggettivamente ostacolato la valorizzazione delle rimesse degli italiani residenti all’estero, e ha di fatto lasciato del tutto inutilizzato il potenziale di risorse finanziarie del quale gli stessi possono disporre nei Paesi in cui operano, sia stata la mancanza di un organismo centralizzato di riferimento, dotato delle funzioni di raccolta e di investimento della complessiva massa di mezzi finanziari.


La discussione della proposta , assegnata in sede referente alla Commissione Esteri alla Camera, dopo una breve fase peliminare avvenuta nei giorni scorsi, è stata però rinviata. Secondo la relatrice Patrizia Paoletti Tangheroni (Forza Italia), è necessario più tempo per approfondire adeguatamente i complessi argomenti trattati. D’accordo con Tangheroni si dice Valerio Calzolaio (DS), che auspica un coinvolgimento del Comitato per le Questioni degli Italiani all’Estero, costituito all’interno della Commissione, oltre che un parere del CGIE (Consiglio Generale degli Italiani all’estero).


La Società ha la finalità di favorire e di promuovere le iniziative imprenditoriali e culturali italiane all’estero, di coordinare le attività economiche interessanti il reimpiego dei capitali italiani all’estero, di sviluppare le misure di canalizzazione delle rimesse allo scopo di incentivare i progetti produttivi e occupazionali degli italiani residenti all’estero che rientrano in patria, di collegarsi ai programmi regionali di assistenza all’accesso al credito, di prestare ogni tipo di consulenza e di servizio a favore degli italiani all’estero, di prestare fideiussioni a organismi ed enti che finanziano gli italiani che intendano rientrare in patria, anche assumendosi il rischio di cambio fino a un ammontare per la linea di credito e di interessi non superiore ad un ventesimo del fondo di dotazione.


Mi sono impegnato personalmente affinché la proposta non restasse sepolta tra le oltre 8.000 che si depositano in ogni legislatura – dichiara Dario Rivolta -. Ho consigliato personalmente ad Oricchio di essere il firmatario della legge, così come mi sono impegnato di persona a farla calendarizzare”.

La finalità della legge, stando a coloro che l’hanno promossa, sarà quella di favorire gli investimenti degli imprenditori italiani all’estero, in connessione con le aziende italiane. Freddo e cauto invece il commento di Valerio Calzolaio, che dichiara:


La stessa relatrice, l’Onorevole Tangheroni, ha manifestato qualche perplessità. E’ indispensabile coinvolgere istituzioni quali il Comitato per gli italiani all’estero o il CGIE, l’unica istituzione per gli italiani nel mondo riconosciuta con norma pubblica.

Calzolaio lascia intendere anche la presunta ‘targa politica’ del progetto: –

Gli unici ad essersi fin troppo animosamente opposti al rinvio della discussione, sono stati i membri del gruppo AN.

E il CGIE, chiamato in causa, conferma, rincarando la dose, i dubbi di Tangheroni e Calzolaio. – Ho grosse perplessità sul fatto che gli imprenditori italiani residenti all’estero investano in Italia, quando la tendenza in Patria è esattamente opposta – commenta Dino Nardi, membro del CGIE, esplicitando gli umori di altri colleghi che hanno preferito rimanere anonimi -. Mi sembra un modello comportamentale controcorrente, che favorisce lo strano processo per il quale ognuno fissa l’attenzione sulle cose negative del Paese in cui risiede. Insomma, l’erba del vicino è sempre più verde”.


Sembra finito il tempo delle rimesse, ora gli italiani i capitali li investono a livello globale; secondo alcuni, una proposta del genere avrebbe forse trovato maggior riscontro 30 anni fa. Oggi il mondo è cambiato, gli investimenti italiani sono rivolti all’estero. Sembra più opportuno favorire gli investimenti in Italia in generale, piuttosto che insistere su un modello un po’ superato.


Tuttavia il CGIE e tutte le altre parti coinvolte, avranno tempo e modo di approfondire l’argomento nella misura che riterranno necessaria. Per il momento, il parere di tutti è unanime almeno su un punto: la proposta è in una fase ancora troppo prematura per fornire delle risposte definitive .