Anche in Italia preoccupa la disoccupazione


ROMA.- Rallenta l’emorragia degli occupati delle grandi imprese. Ma allo stesso tempo il trend virtuoso che negli ultimi anni aveva visto la disoccupazione scendere a quota 8 per cento si ferma e, per l’Ocse, il 2005 si chiuderà con un tasso di disoccupazione di nuovo in aumento, all’8,4 per cento. E’ in chiaroscuro la fotografia del mercato del lavoro che emerge dai dati dell’Istat e dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico. L’istituto di statistica ha registrato, in aprile, un calo di 7.000 occupati, o dello 0,3 per cento rispetto a un anno prima. Un rosso che diventa dello 0,6 per cento se si prendono in considerazione i quattro mesi da gennaio ad aprile. Ma l’emorragia – imputabile interamente al comparto industriale – sta rallentando, e il calo di aprile è il più contenuto dal gennaio del 2001.


Meno confortanti i dati provenienti dall’Employment Outlook dell’Ocse, che per l’Italia si aspetta una disoccupazione all’8,4 per cento quest’anno e il prossimo (in aumento dall’8,1 per cento del 2004), mentre la media Ue chiuderà il 2005 con un 8,2 per cento, e il 2006 con un 8 per cento. L’Italia – prevedono gli economisti Ocse, fermi sulla loro previsione di un calo del Pil dello 0,6 per cento nel 2005 – quest’anno registrerà una crescita zero nel numero di occupati, e solo nel 2006 avrà un incremento dello 0,4 per cento.


Dati peggiori rispetto alla media europea (+0,6 per cento nel 2005 e +0,9 per cento nel 2006), superati in negativo solo dalla performance dell’Olanda, che chiuderà il 2005 con una flessione dello 0,6 per cento dei suoi occupati. L’Ocse, poi, sottolinea il divario fra gli occupati al nord e al sud dell’Italia, un divario pari soltanto in Germania, dove si sente ancora il peso dell’unificazione. E nonostante aumenti il ricorso al part-time, gli italiani sono in coda alla classifica dell’occupazione femminile. Infine – avverte l’Ocse – non bisogna scaricare le colpe sulla concorrenza dei Paesi a basso costo del lavoro e sulla delocalizzazione da parte delle imprese, che hanno causato perdite “molto limitate” secondo John Martin, il direttore dell’Ocse che si occupa di occupazione e affari sociali.


L’Ocse – ha commentato il sottosegretario al Welfare Maurizio Sacconi – “riconosce i buoni risultati” dell’Italia, ma “prevede un anno piatto nel 2005, dopo il quale vi sarà una ripresa occupazionale nel 2006”. Quanto ai dati Istat, per Sacconi “rallenta positivamente la caduta dell’occupazione nelle grandi imprese, che è stata conseguenza dei cambiamenti nei modelli organizzativi e dei fenomeni di crisi indotti dai nuovi competitori globali”.


Confesercenti sottolinea come siano le piccole e medie imprese ad aumentare l’occupazione, e chiede un taglio dell’Irap da subito. Secondo il vicepresidente del gruppo Ds alla Camera, Renzo Innocenti, invece, “i dati Ocse e Istat sono davvero preoccupanti: l’Italia è ultima anche nell’ occupazione, che per il 2005 e il 2006 è destinata a restare ferma”.


E mentre per il segretario confederale della Cgil Carla Cantone occorrono “strategie di politica industriale e per lo sviluppo in grado di invertire il trend negativo di perdita dei posti di lavoro”, il segretario generale dell’Ugl Stefano Cetica chiede una “manovra di forte impatto che punti su sviluppo e crescita del territorio, soprattutto nel Mezzogiorno”.