Lanciata la sfida dei Ristoratori Italiani in Venezuela


CARACAS- Sabato 2 luglio si é tenuta presso il ristorante «da Vittorio» la prima riunione dell’associazione « Ristoratori Italiani de Venezuela AC».


Era il 10 marzo scorso quando venne piantato il seme di questo progetto. Allora arrivó a Caracas Ugo Raffa, consulente del Ministro Tremaglia, e nel ristorante la Nuova Casa Vecchia informò i presenti della nascita del marchio «ristorante italiano» per costruire una rete internazionale di ristoranti di qualità. In quell’occasione i ristoratori si incontrarono, ascoltarono, ma fecero anche qualcosa in piú : espressero i propri dubbi, e contemporaneamente scoprirono di avere le stesse esigenze. Ecco fatto primo passo. Ma ,come sottolineano tutti i presenti, l’idea era nell’aria già da qualche anno. D’altronde se le esigenze sono le stesse, perché non unirsi ed essere piú forti?


L’iniziativa fu ben accetta al governo italiano, in cerca di un unico interlocutore in Venezuela per promuovere le proprie politiche, ma soprattutto, preoccupato per il calo delle esportazioni, desideroso di metter fine allo scricchiolio di uno dei pilastri dell’export italiano: quello alimentare.


La strategia del rilancio italiana passa anche per le sue comunità nel mondo. Se anche i ristoranti italiani rinunciano alla materia prima del bel paese, cosa rimarrà della tradizione gastronomica, dei vini,dei formaggi, dell’ olio ? Si può lasciare che scompaia, o si deteriori, la nostra cucina cresciuta all’ombra degli ulivi del mediterraneo, e tra le vigne che ricoprono tutto lo stivale (povero Bacco)?


No, questa è in coro la risposta dei ristoratori italiani. Ma è anche la risposta che viene dall’Unione Europea, con l’infinità di marchi (Dop, Docg, Doc)che cercano di proteggere i prodotti la cui qualità è legata anche alla zona in cui si produce, come il parmigiano reggiano. Ma se fosse per i sentimenti nessuno avrebbe dubbi: viva l’Italia! La verità è che è una questione esclusivamente di prezzi, e di politiche sbagliate.


Valerio Marcucci, della Nuova Casa Vecchia, spiega cosí :


«L’idea é venuta un po’ di tempo fa, siamo tanti qui noi ristoratori, ma siamo tutti sparpagliati, perché non unirsi e sostenerci a vicenda


Sostenervi in cosa?


«Uno dei problemi principali é il prezzo dei prodotti che importiamo dall’Italia: troppo alti, l’importatore ricarica troppo. Perché qui dobbiamo pagare cosí tanto il formaggio? «


Prezzi alti e un lento declinio dei prodotti italiani?


«Pian piano molti hanno dovuto lasciarli, e sostituirli con altri, piú economici, piú competitivi.


D’altronde noi ristoratori dobbiamo anche pensare ai clienti, mantenere i prezzi competitivi».


Un ristoratore, a conferma, sottolinea: « quando i clienti vengono e vedono che il vino cileno costa la metá di quello italiano non hanno dubbi. Scelgono il piú economico. Ha anche una discreta qualità».


L’idea di fondo é quindi unire il maggior numero di ristoratori e formare una cooperativa di consumo, saltare l’importatore e rivolgersi direttamente al produttore.


«E’ dall’Italia che ci chiedono questo. Cosí facendo– continua sempre Marcucci- potremmo utilizzare materie prime italiane, controllare il prezzo, e migliorare la qualitá». Interviene Nino Luciano, del ristorante «Da Vittorio»: « chissá: forse i nostri clienti si sorprenderebbero nel vedere i prezzi che scendono, ma non è impossibile» .


Ovviamente i prodotti a cui tutti si richiamano sono il formaggio, su cui si potrebbe arrivare ad un calo del 30% addirittura 40%. Ma anche olio e vino. In più se i prezzi scendono anche l’inflazione si riduce. Detto così sembra semplicissimo, ma siamo in un mercato globale, e bisogna fare i conti anche con la spietata (e corretta) concorrenza cilena, una piccola Cina che a modo suo riesce a far tremare i grandi.Vini e olio, innanzitutto. Lo confessano anche i presenti: con il tempo hanno migliorato tantissimo; attenzione anche ai i sottaceti spagnoli,vanno fortissimo.


Il Sistema Italia in Venezuela è cosciente che la sfida non è tra le più semplici, e così anche durante il festival italiano si è tentato di dare una spintarella alla buona tavola , grazie alla collaborazione di Slow food, associazione che in Italia sta avendo un successo straordinario. Non c’è da meravigliarsi: nonostante l’imperare del panino alla McDonald, nel mondo c’è tanta voglia di riscoprire le tradizioni culinarie nazionali. Fatevi un giro in libreria scoprirete guide di ogni tipo, riviste di gastronomia, e ricette da cucina.


Sempre Marcucci :


E’ importante anche la formazione, infatti stiamo pensando ad un sistema di finanziamenti per mandare i cuochi a specializzarsi in Italia, e non solo, anche i camerieri».


Sul festival italiano, però, i ristoratori storcono un po’ il naso: « perché non ci hanno chiamato, perché non ci hanno coinvolto direttamente?». Domande legittime, su cui ci auguriamo si possa riflettere affinché i prossimi festival siano sempre più un successo, coinvolgendo in maniera crescente chi della promozione dell’Italia nel mondo ne ha fatto la propria vita.