Giustizia, la riforma Castelli da oggi è legge dello Stato


ROMA.- Con 284 sì, 219 no e quattro astenuti, la Camera ha dato il via libera definitivo al testo di riforma dell’ordinamento giudiziario, che da ieri è legge dello Stato. Il voto è stato salutato da un applauso dei deputati della Cdl. I deputati dell’Unione sono rimasti immobili.Si chiude così l’iter di una legge che ha spaccato in due la politica italiana.


Per due anni la “riforma Castelli”, così chiamata dal ministro che tanto si è speso per questo provvedimento, è stata oggetto non solo di un’aspra polemica in Parlamento e nelle piazze, ma anche di quattro scioperi dei magistrati (fatto senza precedenti nella storia della Repubblica) e delle riserve del presidente Ciampi, che il dicembre scorso rinviò alle Camere quel testo ravvisandone alcune lacune costituzionali.


La riforma Castelli introduce nell’ordinamento giudiziario italiano la separazione delle funzioni di giudice e pm, la possibilità di fare carriera più rapidamente attraverso i concorsi, l’azione disciplinare obbligatoria contro i magistrati che sbagliano (tra gli errori contemplati, anche il parlare alla stampa), ma anche una norma che sembra pensata per sbarrare la strada alla nomina di Giancarlo Caselli alla procura nazionale antimafia. A sollevare aspre critiche, in particolare, la norma – fortemente voluta da Forza Italia – che condiziona l’avanzamento di carriera di un magistrato al superamento di un test psico-attitudinale. A svolgere questi test saranno i togati della “Scuola della magistratura”, una nuova istituzione che ha il compito di gestire la formazione degli uditori giudiziari, organizzare i corsi di aggiornamento professionale; valutare la professionalità dei magistrati; promuovere iniziative di studio e ricerca. I corsi e gli esami della nuova scuola serviranno solo a concedere una idoneità, ma la decisione finale sulle carriere dei magistrati spetterà sempre al Csm: è questo uno dei punti modificati dal Senato per rispondere ai rilievi di Ciampi. Infine, il controverso punto sulla separazione delle carriere: i concorso per entrare in magistratura resta unico, ma dopo cinque anni di servizio il magistrato dovrà scegliere se fare il Pm o il giudice. Per cambiare funzione dovrà sostenere un esame orale, frequentare un corso di formazione presso la Scuola della magistratura e ottenere una valutazione positiva. Ma soprattutto dovrà cambiare distretto giudiziario. La scelta poi diventa irrevocabile.


Alcune reazioni. Cosi`il procuratore capo di Bologna, Enrico De Nicola: la riforma approvata è “un attacco agli organi di garanzia che tutelano la democrazia e lo stato di diritto”, che “di fatto” fa tornare l’Italia “a prima del 1948, o giù di lì”. Di ben altro tenore le frasi pronunciate dal guardasigilli Roberto Castelli: “Ricordo che questa riforma la vuole la Costituzione. E nessuno era riuscito prima di noi a farla. Questo governo e questa maggioranza hanno riportato la centralità del Parlamento. E’ un altro impegno mantenuto da questo governo”. Duro Fassino, segretario dei Ds: “E’ stata approvata una revisione dell’ordinamento giudiziario sbagliata e che rappresenta una ferita molto grave nell’assetto istituzionale del nostro paese. L’esito di questo brutto provvedimento è che i cittadini avranno processi più lenti, una giustizia meno efficiente e meno sicura. Insomma, una giustizia di cui i cittadini avranno paura”.