Atr caduto, si pensa all’errore umano

PALERMO – E’ di 13 morti, tra cui una bambina di 6 anni e un bambino di 8 anni, e tre dispersi il bilancio dell’ammaraggio al largo della Sicilia di un aereo in rotta da Bari verso Djerba, in Tunisia, con a bordo 39 persone, tra le quali 35 passeggeri, tutti italiani. Sono state tratte in salvo 23 persone, tra passeggeri e componenti dell’equipaggio.


L’aereo, un Atr 72 della Tunint Air, compagnia charter controllata da Tunisair, è ammarato alle 15.55 di sabato scorso a 12 miglia a nordest da Capo Gallo e a 16 miglia da Palermo. Molti passeggeri sono rimasti ustionati. Il particolare è emerso durante la riunione di protezione civile alla presidenza della Regione. Questa lascerebbe ipotizzare che nell’aereo si sia sviluppato un incendio durante le fasi di ammaraggio o subito dopo il contatto con l’acqua.


Nell’Atr 72 caduto al largo di Palermo non ci sono più né passeggeri né personale dell’equipaggio. Lo hanno confermato i vigili del fuoco. I sommozzatori del Corpo, infatti, hanno terminato le operazioni di recupero delle persone rimaste bloccate all’interno della carlinga. Secondo i vigili del fuoco, l’Atr nel momento dell’ammaraggio si sarebbe spezzato in tre parti. La cabina di pilotaggio e la coda dall’aereo, avrebbero accertato i sommozzatori, sono andati a fondo, mentre è rimasta a galla la parte centrale, che si è riusciti a rimorchiare a riva. I resti dell’aereo, tra i quali, importantissimi per l’inchiesta sull’incidente, i due motori, sono adesso a disposizione dei tecnici dell’Enac, l’ente nazionale per l’aviazione civile tra i cui compiti vi è anche la gestione della sicureza del trasporto aereo in Italia.


Proprio un’avaria ai motori è stato il guasto segnalato dal pilota, il tunisino Ghafik Gharbi, che – secondo quanto riferito dal primario del reparto di prima rianimazione dell’ospedale Civico di Palermo, Mario Re – «è il più grave» tra i feriti ora ricoverati nel nosocomio siciliano. Quasi tutti i superstiti hanno riportato lesioni, per la maggior parte serie, ma nessuno di loro è in pericolo di vita. Resta però il rischio di paralisi permanenti, come nel caso del comandante Gharbi, «che ha riportato – ha precisato il dottor Re – un trauma cranico vertebrale con frattura C5 e una contusione polmonare».


Eroe o colpevole? Sul comandante Gharbi pesa l’ipotesi dell’errore umano. Trentuno minuti prima dell’ammaraggio forzato, Gharbi aveva segnalato problemi ai motori. Secondo Silvano Manera, direttore generale dell’Enac, l’ipotesi che in questo momento sembra più probabile per spiegare l’incidente è che «si sia verificato un difetto di alimentazione ad uno dei due motori, e per sopperire alla mancanza di carburante il pilota deve aver aperto una valvola di collegamento tra i due serbatoi, creando così un vuoto di carburante e provocando l’arresto anche del secondo motore». Ipotesi che nasce dal fatto che l’Atr 72 è un bimotore, e che un arresto contemporaneo di entrambi i motori è un evento che viene considerato «rarissimo». Ma va anche dato atto al comandante Gharbi di aver dimostrato una perizia tecnica di tutto rispetto. E‘quanto sottolinea il comandante Ferdinando Capitani dell’Anpac, associazione che riunisce i piloti professionisti. Tecnicamente, ha spiegato Capitani, si è trattato di «un ottimo ammaraggio, visto che dopo due ore il velivolo ancora galleggiava».Come avviene un ammaraggio ? «Bisogna cercare un punto di mare il più possibile calmo – spiega il comandante Capitani – per impattare tra un’onda e l’altra, in parallelo alle onde. L’impatto deve essere il più possibile morbido, in modo da evitare che l’aereo si spezzi. E se l’Atr tunisino ancora galleggiava dopo oltre due ore, il pilota è stato proprio bravo». E’ il tipo di emergenza, insomma, in cui tornano utili le istruzioni delle hostess al momento di ogni decollo. «Esattamente quella, un’emergenza che non deve mai succedere; in Italia, in Europa non abbiamo una grande cultura in fatto di impatti a mare. Quando capita l’eventualità, il personale di bordo fa un breve briefing ai passeggeri prima della manovra, in modo che siano preparati a quanto sta per avvenire». «L’ammaraggio è l’ultima risorsa – ripete il dirigente dell’Anpac – in caso di emergenza, quella a cui si ricorre quando le altre chance non sono percorribili. Ad esempio, la possibilità di fare una atterraggio d’emergenza in prossimità di un aeroporto, con soccorsi, uomini e attrezzature. Se a terra non è possibile, allora si ricorre al mare, ma è già l’emergenza in sé una cosa cattiva, quella che non deve succedere mai».