Marcinelle, quando gli emigrati erano merce di scambio


MARCINELLE – Presente il ministro per gli italiani nel mondo Mirko Tremaglia, si è svolto a Marcinelle, nel sud del Belgio, la commemorazione per 49/mo anniversario della tragedia, che l’8 agosto 1956 causò la morte di 262 minatori, tra cui 136 immigrati italiani.


Ieri, nella giornata del 49° anniversario e Giornata del Sacrificio del lavoro italiano nel mondo, anche il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, ha voluto esprimere il proprio pensiero in un messaggio inviato a Mirko Tremaglia, Ministro per gli Italiani nel Mondo:


Quel disastro minerario – ha detto – ha rappresentato una delle più grandi tragedie nella storia dell’emigrazione italiana. E’ una storia da cui tutti possiamo trarre motivo di orgoglio, svoltasi, generazione dopo generazione, al prezzo di dure rinunce ma con dignità e coraggio.


Se oggi le collettività italiane sono così ben integrate nel tessuto sociale ed economico di tanti Paesi, contribuiscono al loro progresso, rinsaldando ponti di collaborazione con l’Italia, “è a loro – ricorda il Presidente della, Repubblica – che dobbiamo esserne riconoscenti: a quegli italiani – aggiunge – – che, per primi, lasciarono la Patria, portando nei loro cuori, insieme al dispiacere per il distacco dagli affetti familiari e dai luoghi natii, forza d’animo e speranza”.


Ricordando l’esempio che “trasmette alle nuove generazioni i valori che hanno nobilitato quella emigrazione e che sono connaturati al carattere della nostra Nazione: operosità, tenacia, solidarietà, irrinunciabile bisogno di sentirsi italiani ovunque nel mondo”, al Ministro Tremaglia e ai familiari delle vittime ha voluto rivolgere il suo saluto “nel ricordo commosso dei nostri connazionali“.



La tragedia


di Marcinelle


“La tragedia di Marcinelle è totale. Tutti morti a quota 1.035. 134 corpi finora raccolti, i cadaveri sono stati trovati sotto novanta centimetri d’acqua. Una drammatica scritta: cadiamo davanti al fumo”. Scrissero così i giornali italiani il 24 agosto 1956 commentando il tragico epilogo di quella che sarebbe stata ricordata come una delle più drammatiche sciagure sul posto di lavoro che si sarebbe potuta scongiurare con maggior sicurezza in loco per gli operai. Tanta rabbia e tanta impotenza furono i sentimenti che unirono il mondo alla notizia dell’incendio scoppiato nella miniera di Amercoeur, a Charleroi in Belgio nella quale caddero 262 minatori di cui 139 italiani ai quali il Ministero del Lavoro nel 1996 ha concesso l’onoreficienza della Stella al Merito del Lavoro “alla memoria”.


Era l’Italia povera, segnata da una fame di secoli e di emigranti che partivano in giro per il mondo, e che mandava i propri figli a morire sotto terra. I 139 italiani che giunsero a Marcinelle furono una ‘vera e propria merce di scambio’ tra i governi italiano e belga che nel giugno 1946 siglarono un accordo che venne chiamato ‘minatori-cabone’: l’Italia forniva manodopera in cambio di carbone (il 39,51 per cento di quella totale).


Dal 1946 al 1956 furono centinaia i minatori che perirono nei tragici pozzi del Belgio, almeno uno a settimana. Numerose le inchieste avviate e tutte dal parere unanime: mancanza di margini di sicurezza.


“Infatti – scriveva la Voce dei Berici in quel periodo – accade spesso che miniere sulla via di essere abbandonate perché si presume prossime al loro esaurimento vengano considerate dai proprietari non più ‘economiche’ e pertanto ogni spesa su di esse, anche quelle relative alla sicurezza del lavoro, diventa ‘antieconomica’ con le conseguenze terribili che poi si vedono”.


“Gli italiani di Marcinelle, quasi tutti reduci dalla guerra o dai campi di concentramento e la maggior parte senza precedente esperienza in mineera, lasciarono 406 orfani – ha commentato Stelio Bardi, console generale dell’Associazione Maestri del Lavoro – e lo sdegno che il mondo espresse spinse a far finalmente modificare le leggi sulla sicurezza in miniera”.


Ma la consapevolezza che la tragedia si sarebbe potuta comunque evitare senza spargimento di sangue rimarrà come un marchio indelebile nelle coscienze, al ricordo degli ultimi istanti terribili vissuti da poveri giovani innocenti.