«Chiaro, corro per vincere»


ROMA – «Quanto penso di prendere alle primarie? Il 51 per cento. Sono impedito a fare una previsione più bassa». Gioca per vincere Fausto Bertinotti, che in una intervista a «L’Espresso» ostenta sicurezza, sfodera proposte, e rivela addirittura di ispirarsi a Malcom X, il leader dei neri americani. Ma allora fa proprio sul serio, il leader di Rifondazione? Risposta affermativa: «L’unica oscillazione che mi consento è tra il correre per vincere e il fare come se corressi per vincere».


E non pensa che ogni voto in più a Bertinotti potrebbe danneggiare Prodi? «E’ una analisi che respingo alla radice – afferma. – Non si può continuare a ragionare con lo schema delle competizioni al centro. Io dico: con Bertinotti candidato premier si possono vincere le elezioni». Idee chiare anche sul cosa fare nel caso che quel 51% alle primarie diventi realtà. Nuovi ministeri dai nomi inediti, prima di tutto: «Penso al ministero dei Beni comuni, ad esempio. Costruire uno spazio pubblico in cui l’accesso all’acqua sia garantito a tutti gratuitamente». E poi il «ministero per l’Intervento pubblico in economia», che detto così fa venire in mente piani quinquennali e partecipazioni statali. E invece no, perché quelle «sono cose che non esistono più. Parlo di una cosa molto più seria: dobbiamo decidere una politica pubblica che difenda o costruisca colossi nazionali». E i voti, a chi li chiederà? «A tutti e a tutte», assicura Fausto Bertinotti, a partire dai movimenti, coi quali il segretario di Rifondazione smentisce che sia finito il feeling, agli scontenti tra gli elettori dei Ds.


E’ il caso di parlare di «Opa» sui Ds? Il leader di Prc glissa ma ammette: «Chi sente il desiderio di una più netta domanda di cambiamento trova in me un interlocutore privilegiato». Per questo ha cavalcato, addirittura in coppia con Mastella, il rilancio della questione morale? «Da noi i soggetti del mercato si selezionano per cannibalismo: tu mangi me, io mangio te. L’errore della sinistra è stato non vedere il carattere degenerativo di questo cannibalismo. Si è pensato che nella crisi tutto ciò che si muoveva fosse buono. Più che una questione morale – stigmatizza Bertinotti – è un problema politico». E se invece non diventasse premier ci sarebbe posto nel governo Prodi per un «ministro Bertinotti»? «No, è una mia scelta di vita. Non considero la collocazione al governo come il punto più alto della gerarchia politica». «Pietro Nenni – ricorda – in una lettera diceva che nel governo non c’è il potere, si può al massimo condizionare il potere altrui».