Burocrazia, la palla al piede


ROMA – Se c’era ancora chi nutriva dubbi, ecco la conferma. C’è anche la burocrazia tra le tante voci che contribuiscono a frenare lo sviluppo delle imprese italiane. Se infatti queste continuano a marciare a passo d’uomo rispetto alle loro sorelle europee e del resto del mondo, lo si deve in buona parte anche ai tanto deprecati adempimenti burocratici, che nello scorso anno nel nostro Paese sono stati superiori del 65,4 per cento rispetto alle media europea solo per quanto riguarda l’avvio di una nuova impresa. Ma non è tutto. Infatti, denuncia uno studio della Confartigianato realizzato su dati della Commissione Ue e Banca Mondiale, il gap con l’Europa sale al 62 per cento per le società di capitali e le ditte individuali e addirittura all’80 per cento nel caso in cui si volesse aprire una societa’ in nome collettivo.


I conti sono presto fatti: secondo lo studio, infatti, le 425.510 nuove imprese nate in Italia nello scorso anno hanno ‘bruciato’ in burocrazia 171 milioni di euro in piu’ rispetto alla media degli altri Paesi europei, pari ad un aggravio di 401,70 euro in più per ogni nuova singola azienda. La situazione non migliora poi se si volge lo sguardo ancora più lontano dai confini del Vecchio Continente.


A livello mondiale, ci ricorda un rapporto della Banca Mondiale che ha fotografato la situazione nel 2004, l’Italia occupa la 64/ma posizione per quanto riguarda ‘i costi di avvio di una nuova azienda in percentuale al reddito pro-capite’ (preceduta dalla Danimarca, risultata essere la più efficiente, ma anche da Mongolia, Indonesia, Marocco e Costa Rica); il 40/mo per ‘numero di procedure’ (che vede al primo posto l’Australia, seguita però prima dell’Italia anche da Libano, Portorico, Giamaica e Etiopia); e, finalmente, ‘solo’ al 17/mo per la voce ‘Tempo’ (ambito anche in questo caso guidato dall’Australia, nel quale Pakistan, Panama e Singapore riescono a fare meglio di noi).


Sottolinea quindi la Confartigianato, a costi elevati non sembra corrispondere comunque una semplificazione per numero e durata delle procedure. Ma, denuncia ancora l’organizzazione artigiana, anche nel caso in cui un’impresa italiana riuscisse a superare indenne il percorso ad ostacoli per completare la propria fase di start-up, rimarrebbero ancora insolute le risposte sul rispetto dei contratti, anch’essi caratterizzati da tempi lunghi e procedure complesse.


Per ‘il rispetto dei tempi contrattuali’, evidenzia ancora lo studio, l’Italia occupa infatti niente di meno che la 119/ma posizione a livello mondiale, con 645 giorni necessari alla procedura per tutelarne uno di tipo commerciale. Il che significa: più del doppio rispetto ad Argentina e Messico e addirittura 6 volte tanto rispetto a Ghana e Uganda.


Leggermente migliore invece il capitolo del ‘numero delle procedure’, che ci vede al 13/mo posto; decisamente sconsolante invece il numero in graduatoria occupato per quanto riguarda la voce ‘complessita’ della procedura’: 84/mo, dietro a Nepal, Togo e Niger, con un indice di complessità doppio rispetto a Zambia e Ghana.