Europa-Cina, guerra sul tessile Milioni di capi fermi alle dogane


BRUXELLES – Si aggroviglia nell’Ue la questione del tessile cinese: in attesa di un primo confronto tecnico, oggi a Bruxelles, tra i Venticinque, i distributori europei hanno fatto sapere di essere pronti ad intraprendere la via legale, pur di risolvere il problema dei milioni di maglioni e altri prodotti tessili ammassati da settimane nei porti europei. Dopo i reclami e il pressing fatti negli ultimi giorni in sintonia con le richieste della Germania e di altri paesi del nord, l’associazione dei distributori europei (Eurocommerce) ha ieri chiesto formalmente «una soluzione politica» al problema «insieme agli stati membri e alla Commissione Ue. Altrimenti – ha precisato Eurocommerce in una nota – diverse società stanno considerando, a livello individuale, di «procedere ad un’azione legale».


Dalla parte dei distributori (in prima linea, i grandi magazzini) si è schierato anche l’Ufficio europeo delle unioni dei consumatori (Beuc), che ha chiesto alla Commissione di «reimporre nell’Ue le quote tessili». Ci sono infatti ormai montagne di prodotti «made in China» bloccati a Rotterdam e in altri porti europei dal 12 luglio scorso, quando la Commissione iniziò a rilevare lo sfondamento delle quote introdotte con l’accordo firmato a giugno a Shangai, intesa che autolimita l’export in Europa di dieci categorie del tessile cinese. A dare i dati precisi sui prodotti immobilizzati alle dogane è stato ieri il ministero francese del Commercio: 48,3 milioni di maglioni, 17,1 milioni di pantaloni per uomo, 500 mila camicie per donna, 1,6 milioni di magliette, 3,4 milioni di reggiseno. Di questi capi, 10 milioni di pullover, 3,8 milioni di pantaloni, 14.800 camicie e 136.400 T-shirt sono diretti in Italia


Di fronte ad una situazione ogni giorno più complicata, per oggi sono fissati due importanti appuntamenti. Una delegazione della Commissione Ue partirà per Pechino, proprio al fine di cercare una soluzione con la controparte cinese. Tuttavia nella Ue ancora non è stata definita una linea d’azione sul problema, «la situazione – ha commentato una fonte a Bruxelles – rimane molto fluida».


Il commissario Ue al commercio, Peter Mandelson, è alla ricerca di una soluzione equilibrata tra gli interessi dei paesi del nord, con Germania in testa, che premono per rendere meno stringenti le restrizioni imposte all’import, e gli stati «amici del tessile», con Italia, Spagna e Francia in testa, che pur ammettendo un certo grado di flessibilità, chiedono il «rispetto» dell’accordo del 10 giugno. «Per ora il regolamento relativo a tale flessibilità non è stato pubblicato sulla gazzetta ufficiale», fanno notare le fonti, ricordando che «la maggioranza dei Venticinque» sembra comunque schierato sul fronte dei Paesi, come l’Italia, che hanno importanti distretti tessili da difendere.


L’accordo di giugno, ricordiamo, concede alla Cina il 31,4% del mercato tessile comunitario nel 2007, percentuale che dovrà essere raggiunta gradualmente in questi anni con un incremento della quota di mercato non superiore al 12,5%.