I sogni si avverano, quando li spingi un po’


Caracas – E’ una storia all’incontrario quella di Blanca Briceño. Una vita inquieta, vissuta con gli occhi sempre all’insù, inevitabile posa di chi insegue un sogno. Blanca questo sogno lo ha afferrato con le unghie, e non lo ha piú lasciato sfuggire fin da quando era una semplice studentessa. Dai suoi gesti, dalle sue parole, emergono con energia anni di lavoro e passione. Ricerca ed esperienza si sono fuse in lei, dando corpo ad un progetto di vita in sostegno degli altri, degli ultimi, delle traiettorie di vita piú difficili.


I suoi interessi, mischiati in maniera un po’ bizzarra, sono l’educazione e il teatro, il viaggio e la solidarietà. E’ nata a Caracas, ha incrociato paesi diversi, parla perfettamente l’italiano, ha studiato a Torino e vi è ritornata nel 1997, per collaborare con l’Associazione Teatro Reginald-centro di dramaterapia, della dottoressa Maria Grazia Silvi Antonini. Ed è proprio con Maria Grazia che inaugura nella vecchia capitale dei Savoia il «teatro del profondo».


La nostra Blanca, laureata in matematica, la passione per l’educazione ce l’ha da sempre, probabilmente trasferitale dalla madre, Consuelo Briceño, fondatrice ed attuale presidente della Asociaciòn Universitaria Interamericana ( A.U.I., Caracas,1967) di cui Blanca adesso é direttrice .


Consuelo è la madre, l’ispiratrice, e qui in Venezuela ha ricoperto diversi incarichi a livello ministeriale, ma Blanca questa parentela non vuole sottolinearla. Ha paura che il vincolo familiare possa privarla di qualcosa, non si sa bene cosa, ma tanto basta a consigliarle di chiamarla con un formalissimo “dottoressa Consuelo Briceño“.


La sua Ong ha una storia molto particolare. Si occupa di progetti sociali, in definitiva di coloro che hanno bisogno di un’attenzione speciale. Per uno strano scherzo del destino, in Venezuela non è riuscita ad ottenere granchè. Ha trovato invece spazio a Torino.


Quando parlavamo in apertura di una storia all’incontrario, lo sottolineavamo proprio per questo. E’ la storia di una Ong di un paese in via di sviluppo che va ad aiutare gli esclusi, gli emarginati di una paese ricco. « In Venezuela non abbiamo avuto spazio, speriamo però di poter dare il nostro contributo anche qui. Noi ne saremmo veramente entusiasti».


A Torino, come dicevamo in apertura, l’AUI inaugura il «teatro del profondo». Spiegare cosa sia non é facile, in ogni caso è un successo. Le donne in carcere, con questa terapia artistica, prendono coscienza di sé, dei propri problemi, del propria storia, e riescono a fuoriuscire dallo marginalitá in cui sono relegate.


Non é semplice: ci vuole molta competenza, bisogna organizzare il copione dirigendo le vite degli attori/testimoni che contemporaneamente riordinano la propria memoria.


Quando ci riesci la soddisfazione, immensa, la vuoi condividere con tutti.


Proprio per questo una delle partecipanti ha insistito per portare lo spettacolo nel proprio paese d’origine, a Ciminá, in Calabria. La storia sembra tratta dal libro Cuore. Marta (nome fittizio) é una giovane ragazza calabrese, una storia di violenza alle spalle, e le mura del carcere di Torino a farle compagnia. Conosce Blanca, si innamora del suo teatro, partecipa, é entusiasta e senza timidezze chiede: «Voglio che lo spettacolo arrivi al Ciminá, voglio che le mie compaesane lo vedano». Le cose sembrano difficili, ma Blanca ce la mette tutta per aiutare questa che ormai considera una figlia adottiva. Il sogno si avvera. Il 24 giugno di quest’anno lo spettacolo é stato presentato a Ciminá, in provincia di Reggio Calabria. Qui poco tempo fa la faida, nata per l’uccisione di una capra, ha sparso sangue tra famiglie intere, lasciando sul selciato tanti, troppi morti. « Lo spettacolo, incentrato sulla donna calabrese, è stato accolto benissimo. Quella storia era la loro storia, di donne con vite difficile, tutte con una morte violenta in famiglia. Sa com’é: la faida». Blanca continua: «abbiamo anche eseguito una danza tipica calabrese. Solitamente c’è sempre un uomo a guidare le danze, e sceglie chi balla e chi no. Quando sceglie non lo fa a caso: cerca di lanciare un messaggio, di esercitare il proprio potere. Questa volta non è stato cosí, le ragazze hanno avuto il controllo totale del ballo. Certo é poco, peró giá cosí hanno iniziato un percorso di recupero» .


Adesso Blanca è tornata momentaneamente in Venezuela, l’intenzione é di far avverare un altro sogno: riuscire a portare la sua terapia nel paese in cui è nata.