New Orleans, alle 9 l’apocalisse Arriva Katrina, città evacuata

WASHINGTON – New Orleans ha un appuntamento con l’apocalisse: oggi, alle 9 del mattino ora locale (le 16.00 in Italia), l’uragano Katrina, uno dei più violenti mai arrivati degli Stati Uniti, si abbatterà su un arco di costa che s’affaccia sul Golfo del Messico, dove vivono quasi due milioni di persone.


Preceduta da piogge già intense e forti venti, la tempesta investirà gli Usa penetrando tra la Louisiana e il confine tra l’Alabama e la Florida. Ma è impossibile prevedere l’epicentro dell’impatto e l’andamento della perturbazione, che ha sorpreso un po’ tutti, e in particolare gli esperti, quando è arrivata a forza 5, il massimo nella scala Saffir-Simpson che misura la violenza degli uragani. L’allarme è scattato da Morgan City in Louisiana, a Ovest, al confine tra Alabama e Florida, a est, quando si sono misurati venti che soffiavano ad oltre 250 chilometri l’ora. Ieri pomeriggio (ora della Louisiana), Katrina era ancora centinaia di chilometri a sudest del delta del Mississippi e avanzava verso nordovest a una velocità di circa dieci chilometri l’ora. Sul suo percorso, l’uragano ha già fatto nove vittime, e danni per centinaia di milioni di dollari passando sulla Florida meridionale, quando aveva solo forza 2.


Sul percorso di Katrina sta New Orleans, in Louisiana, la “Venezia d’America”, una delle metropoli più vulnerabili dell’Unione. Circondata dalle acque del Mississippi e del Golfo del Messico, la città è in media quasi due metri sotto il livello del mare ed è protetta da un argine naturale di tre o quattro metri. Katrina, si calcola, porterà ondate di sei metri e fino a 35 centimetri di pioggia. C’è, dunque, il rischio di inondazioni devastanti. L’ordine di evacuazione della capitale del jazz, la città di Louis Armstrong e Lionel Hampton, quasi 500 mila abitanti, è stato impartito ieri mattina dal sindaco Ray Nagin. Ma la fuga da New Orleans era cominciata già dal pomeriggio di sabato: per 48 ore, migliaia di auto, in lunghe code, hanno lasciato la città, dirette a nord. Tuttavia più di 100 mila persone, tra personale delle unità d’emergenza e cittadini “privi di mezzi per fuggire”, resteranno; è per loro che il comune ha attrezzato dei rifugi nei punti più alti della città.


Il presidente George W. Bush ha incoraggiato all’esodo. Parlando dal ranch di Crawford in Texas, ha invitato gli americani a lasciare le coste minacciate e a muoversi verso l’interno, per mettersi “al sicuro”. “Non posso sottolineare abbastanza il pericolo – ha detto il presidente – pensate a salvare le vostre famiglie. Faremo tutto quanto in nostro potere per aiutarvi”.


Anche i giganti economici fuggono. La Royal Dutch Shell, la seconda società petrolifera d’Europa, ha evacuato 450 dipendenti dalle piattaforme off-shore. La chiusura prevista di tutti gli impianti del Golfo del Messico farà perdere 420.000 barili di petrolio e diversi milioni di metri quadri di gas ogni giorno. La Exxon Mobil, la più grande società petrolifera del mondo, sta evacuando il personale ed ha già chiuso il rubinetto per 3.000 barili di petrolio e 4,6 milioni di metri quadri di gas, ha detto la portavoce Susan Reeves. Operazioni sospese da sabato nel porto offshore della Luoisiana, il più grande terminal per le importazioni negli Usa.