Per New Orleans è «l’anno zero» Morti, sciacalli, rischio epidemie


WASHINGTON – Umana, economica, ambientale: per gli Stati Uniti l’uragano Katrina è la catastrofe naturale più grave da un secolo in qua. E lo tsunami d’America avrà contraccolpi sull’economia mondiale peggiori dello tsunami d’Asia del 26 dicembre 2004, umanamente non confrontabile, con i suoi forse 200 mila morti.


A New Orleans, che resta inondata, senza acqua potabile, senza luce elettrica, la conta dei cadaveri non è ancora cominciata. Ma il sindaco Ray Nagin ripete la sua previsione che i morti siano «centinaia, più probabilmente migliaia». Alle vittime della Louisiana, si sommano -a centinaia, dicono le autorità locali- quelle del Mississippi. Se le ipotesi saranno confermate, Katrina sarebbe il più letale disastro naturale nord-americano dall’uragano del 1900, quando si stima che 12 mila persone perirono a Galveston, in Texas.


Giorno dopo giorno, ora dopo ora, la catastrofe assume dimensioni più tragiche. Nelle immagini degli sfollati e di quanti hanno perso tutto quanto avevano, l’America si scopre un volto e una fragilità da Terzo Mondo: quei neri in attesa di un soccorso sulle rampe delle autostrade di New Orleans, laceri, miseri, inermi, potrebbero essere profughi africani. Ci sono polemiche perché il disastro si poteva prevenire (ad esempio, rafforzando gli argini della città costruita sotto il livello del mare) e perché la reazione del presidente George W. Bush e della sua amministrazione sarebbe stata lenta, fredda, inadeguata. E’ ormai chiaro che ci vorranno mesi per ripristinare, lungo la costa sul Golfo del Messico e a New Orleans, la normalità (acqua, luce, servizi, scuole, uffici) e anni per ricostruire: una botta per l’economia statunitense, e mondiale, paragonabile forse all’impatto degli attacchi terroristici dell’11 Settembre 2001. Le ultime stime, assolutamente provvisorie, parlano di 28 miliardi di danni.


Il sindaco Nagin invita tutti i cittadini sopravvissuti a lasciare la città, dov’è scattato l’allarme sanitario. Le acque reflue stagnanti, con i cadaveri che ci marciscono dentro, sono cultura micidiale di germi e infezioni. Ieri pomeriggio era in fase avanzata l’evacuazione degli ospedali e dei circa 23.000 rifugiati nel SuperDome, lo stadio del football; una colossale staffetta di circa 500 autobus li ha trasferiti allo AstroDome di Houston, uno stadio di baseball lontano più di 500 chilometri ma con aria condizionata e altre comodità. Il presidente George W. Bush, che oggi visiterà le zone sinistrate, in elicottero e sul terreno, prospetta «la più grande operazione di soccorso» mai fatta negli Usa: mobilita risorse, fa appello alla generosità dei cittadini. «Capisco perfettamente –ha detto Bush- la frustrazione di chi avrebbe voluto vedere arrivare i soccorsi istantaneamente. E comprendo l’ansia e l’angoscia delle persone le cui vite sono state sconvolte dagli eventi».


C’è anche l’emergenza sicurezza, che sta diventando un incubo a New Orleans, cento ore dopo il passaggio dell’uragano: saccheggi da sciacalli, violenze da bulli e, anche, l’esasperazione di gente senza aiuti e senza risorse. Almeno due volte, ieri mattina, i soccorsi hanno dovuto essere sospesi. La protezione civile ha annunciato l’interruzione dei suoi interventi perché ha ritenuto che stessero diventando «troppo pericolosi» per i suoi operatori. La decisione è stata presa dopo una serie di incidenti avvenuti mentre i soccorritori stavano salvando con imbarcazioni le vittime isolate: si sono verificati atti di violenza sulla priorità nel salire sulle barche.


Il clima di illegalità si è propagato fino al Superdome, dove dalla notte di mercoledì era iniziato lo sgombero degli sfollati. Alcuni colpi d’arma da fuoco sono stati sparati contro un elicottero della Guardia Nazionale che partecipava alle operazioni di trasferimento degli sfollati verso il Texas; in seguito all’episodio, sulla zona sono stati sospesi i voli. Nello stadio dei Saints, intanto, la situazione era diventata insostenibile: servizi igienici intasati e inservibili, tensioni e violenze tra chi vi era rifugiato. Quando si è diffusa la notizia del trasferimento degli sfollati, all’esterno dello stadio si è radunata una folla di senzatetto, stremati da giorni di condizioni di vita precarie, in molti armati. Si calcolava che, accalcate attorno allo stadio, vi fossero tra le 50.000 e le 60.000 persone, nell’attesa di essere portate via.


In linea con governatori e sindaci, Bush ha dichiarato che vi sarà «tolleranza zero» per quanti provano a sfruttare il disastro per violare la legge commettendo saccheggi, gonfiando i prezzi, cercando di frodare le assicurazioni. Le forze di polizia locali sono inadeguate, anche se il sindaco Nagin ha distolto 1.500 agenti dalle operazioni di soccorso per bloccare gli sciacalli. Sono in arrivo 28 mila uomini della Guardia Nazionale e 4.200 poliziotti militari.


Messa in ginocchio dall’uragano, l’America prova a rialzarsi con le sue forze. La Casa Bianca dichiara l’emergenza, chiama a raccolta tutte le risorse, consulta il guru dell’economia Alan Greenspan, presidente della Federal Reserve: la recessione dopo Katrina sarebbe un colpo da «k.o.».