Influenza aviaria e Collettivitá italiane


Allarme e preoccupazione. L’influenza aviaria si fa sempre più minacciosa. Beffa le frontiere e, a dispetto dei controlli sempre più rigidi, balza dall’Asia all’Europa. Il pericolo di una pandemia, come quelle registrate nei secoli scorsi non è più un’ipotesi azzardata. E’ un’eventualità che tutti, ormai, dobbiamo tener presente e prendere in considerazione.


I governi, pur minimizzando i rischi di contagio, prendono provvedimenti. E’ così che chiudono le frontiere alle importazioni dei prodotti avicoli; abbattono i polli infetti o solo sospetti di esserlo; controllano il flusso dei turisti provenienti dai «paesi a rischio» e fanno scorta di mascherine e medicinali. L’unico limite alle misure preventive è quello che impone l’immaginazione ed il buon senso. Né più, né meno.


A proposito di mascherine e scorte medicinali, giorni fa una agenzia stampa scriveva che «il governo francese ha predisposto un piano di protezione dei propri cittadini all’estero in caso di una pandemia di influenza aviaria che prevede la fornitura alle proprie Ambasciate di farmaci antivirali e di mascherine». Poco più avanti, si precisava che «sono state ordinate dosi sufficienti di farmaci anti-influenzali e mascherine per le ambasciate nei paesi al di fuori dell’Unione Europea».


Cautela e buon senso. Non ci si aspettava meno. Anche il ministro dell’economia italiano, Giulio Tremonti, ha anticipato i tempi. Ed ha stanziato 50 milioni di euro per l’acquisto di sei milioni di cicli farmaceutici antivirali. Pare sia questa la quantità ritenuta idonea nel caso che una, vogliamo sperare poco probabile, pandemia mettesse in pericolo la salute dei 55 milioni e piú di abitanti della penisola. Quel che però non sappiamo è se, con la stessa sensibilità mostrata dal governo francese nei confronti dei propri cittadini all’estero, quello di Roma stanzierà denaro e predisporrà di un piano di protezione e distribuzione di cicli antivirali agli italiani oltreoceano. Appunto, noi.