L’Italia invecchia, 130 anziani ogni 100 giovani

ROMA (INFORM) – In aumento la popolazione in Italia. Il nostro è però anche un Paese che invecchia – 130 anziani ogni 100 ragazzi – e nel quale ci si sente più poveri e insoddisfatti. L’occupazione cresce ma a un ritmo “blando”.


E’ quanto emerge dall’Annuario statistico italiano 2005 dell’Istat.


Alla fine del 2004 la popolazione italiana era pari a 58.462.375 con un aumento rispetto al 2003 di 574.130 residenti. Ed è un incremento che si deve sia al movimento migratorio (+558.189 persone) sia al movimento naturale, che torna a registrare un saldo positivo per la prima volta dal 1992 (+15.941 persone). Insomma, sia pur lentamente, si torna a fare più figli: la fecondità delle donne italiane mostra ancora un lieve incremento, attestandosi nel 2004 a 1,33 figli per donna contro l’1,29 dell’anno precedente. Ed è il livello più alto degli ultimi 15 anni. Con l’ingresso dei nuovi dieci Paesi nell’UE non siamo più penultimi in lista quanto a natalità, ma superati oltre che dalla Grecia, anche da Boemia, Slovacchia, Slovenia, Polonia e Ungheria.


Questo però non vuol dire che ci si sposi di più: sono infatti ancora in diminuzione i matrimoni, passati da circa 260.000 del 2003 a 250.764 del 2004, il minimo storico per il nostro Paese. Si riducono quelli celebrati con rito religioso che scendono a 172.600, il 68,8 per cento del totale (erano il 75,3 per cento nel 2000), mentre quelli con solo rito civile salgono a 78.164, il 31,2 per cento (il 24,7 per cento nel 2000). Il tasso di nuzialità passa da 4,5 matrimoni per mille abitanti nel 2003 a 4,3 per mille nel 2004. L’Italia si pone poco al di sotto della media europea (25 Paesi) che nel 2003 è stata di circa 4,8 matrimoni ogni mille abitanti contro 4,5 per mille in Italia.


E il nostro è anche un Paese sempre più vecchio nel quale ci sente sempre più poveri e insoddisfatti. Per quello che riguarda l’età media, da tre anni l’Italia ha superato il rapporto di 130 anziani ogni 100 ragazzi fino a 14 anni. In alcun altro Paese della UE esiste un indice di vecchiaia così alto sebbene Germania, Grecia, Spagna, Portogallo, Lettonia e Slovenia superino il rapporto vecchi-giovani del 100 per cento.


In Italia il processo di invecchiamento ha, al gennaio 2004, un indice pari al 135,9 per cento. Una tendenza che si registra in tutte le regioni. In quelle del Mezzogiorno la soglia di parità anziani-giovani è stata superata per la prima volta lo scorso anno: nel 2005 si riscontra un valore dell’indice di vecchiaia del 106,6 per cento. Le uniche aree che ancora presentano un’eccedenza di giovani rispetto agli anziani sono la Campania e la Provincia autonoma di Bolzano.


Nel 2005 è in aumento il numero delle persone di 14 anni e più che si dichiarano poco o per niente


soddisfatte della propria situazione economica: 47,8 contro il 44,2 per cento del 2003. La percentuale di insoddisfatti rimane stabile nel Nord mentre aumenta nel Sud e nel Centro. Un lavoratore su 5 si ritiene insoddisfatto del lavoro svolto; ad essere gratificato è invece il 76,3 per cento, in calo rispetto al 77,5 per cento del 2003. Gli occupati soddisfatti sono il 79 per cento nel Nord e il 72,6 per cento nel Mezzogiorno.


Anche nel 2005 resta alta la quota di famiglie che denuncia difficoltà di accesso ad alcuni servizi di pubblica utilità, specialmente il pronto soccorso (il 56 per cento delle famiglie), le forze dell’ordine (40,1 per cento), gli uffici comunali (il 37,2 per cento) ed i supermercati (il 32,9 per cento). A livello territoriale persiste una forte differenziazione nei livelli di accessibilità ai servizi. Le famiglie meridionali sembrano particolarmente sfavorite nel caso del pronto soccorso (il 62 per cento delle famiglie lamenta tale disagio), forze dell’ordine (45,7 per cento) ed uffici postali (35,8 per cento).


Nel 2005 si mantiene sostanzialmente stabile la partecipazione dei cittadini alle attività di volontariato (8,9 per cento delle persone di 14 anni e più, contro l’8,5 per cento del 2003), mentre aumenta la quota di coloro che versano denaro ad associazioni (il 18,1 per cento nel 2005 contro il 16,5 per cento nel 2003).


Occupazione. Anche se si tratta del nono anno consecutivo di progresso occupazionale, nel 2004 il ritmo di crescita dell’occupazione, già attenuatosi nel 2002 e nel 2003, ha subito un ulteriore rallentamento. In base ai dati della rilevazione continua sulle forze di lavoro, il numero degli occupati è pari a 22.404.000, con un incremento di 163.000 unità rispetto al 2003 (+0,7 per cento). Il numero delle persone in cerca di occupazione è sceso a 1.960.000, si tratta di 88.000 unità in meno rispetto al 2003 (- 4,3 per cento). Il tasso di disoccupazione cala dall’8,4 per cento all’8,0 per cento.


L’Istat avverte tuttavia che tale riduzione è dovuta essenzialmente da una minore partecipazione al mercato del lavoro da parte delle donne e dei giovani, in particolare nelle regioni meridionali.


Dall’aumento dell’occupazione traggono beneficio entrambi i sessi, anche se è la componente femminile a far registrare la maggiore crescita (+1,0 per cento contro +0,6 per cento dei maschi). In valore assoluto le occupate salgono di 86.000 unità e gli occupati crescono di 78.000. A fronte di un tasso di occupazione complessivo che nel 2004 è sceso dal 57,5 per cento al 57,4 per cento, quello femminile ha raggiunto il 45,2 per cento (45,1 per cento nel 2003), mentre il tasso di occupazione maschile è sceso al 69,7 per cento (70,0 per cento nel 2003). La crescita occupazionale ha interessato particolarmente il Centro (+2,5 per cento), e in modo più contenuto le regioni settentrionali (0,7 per cento), dove al buon andamento del Nord-ovest (+1,2 per cento) fa riscontro la flessione del Nord-est (-0,1 per cento). Nel Sud, dopo quattro anni di crescita, si registra invece una battuta d’arresto (-0,4 per cento).


Istruzione. Sono 8.851.235 gli studenti iscritti all’anno scolastico 2003-2004, circa 47.000 in più rispetto all’anno precedente (+0,5 per cento). Un andamento positivo registrato a partire dal 2000-2001. Ma ad aumentare sono in particolare gli alunni delle scuole dell’infanzia (+13.000 rispetto al 2002-2003) che arrivano così al 18,6 per cento del totale e quelli delle scuole superiori (+17.000) che giungono al 29,7 per cento. Le scuole più frequentate sono quelle elementari con il 31,3 per cento degli alunni, mentre le medie inferiori si fermano al 20,4 per cento del totale.


Il tasso di scolarità è intorno al 100 per cento nelle scuole d’infanzia, elementari e medie mentre risulta meno alto nella scuola secondaria superiore dove è pari al 91,9 per cento, in ogni caso in netto aumento rispetto al 1998-99 quando era all’82,2 per cento.


E continua a crescere anche il numero di giovani che per la prima volta si sono iscritti all’università: sono circa 337.000 nell’anno accademico 2003-2004, 6 mila in più (+1,8 per cento) rispetto all’anno precedente. La popolazione universitaria è pari a 1.805.910.


Ma nonostante il mondo accademico richiami un numero sempre maggiore di giovani, ogni anno 5 studenti universitari su 100 decidono di abbandonare gli studi; l’incidenza degli abbandoni è pari a 5,9 per i maschi e 4,8 per le femmine. Le donne sono più propense degli uomini a proseguire gli studi: le diplomate che si iscrivono a un corso universitario sono 77 su 100, mentre i diplomati solo 67 su 100.


Nel 2003-2004 il numero dei giovani che si è laureato è di 165.476 nel vecchio ordinamento, di 53.747 nei corsi di laurea triennali e di 8.796 nei corsi di laurea specialistici.