La deludente risposta della Farnesina

La Farnesina segue con la massima attenzione la recrudescenza del fenomeno dei sequestri a scopo di lucro a danno di connazionali in Venezuela mentre l’Unità di Crisi continua a finanziare missioni di lungo periodo di esperti antisequestri che hanno sicuramente non solo contribuito alla soluzione di numerosi casi ma anche ad un’efficace azione di prevenzione”.


Inizia così la secca smentita data dalla Farnesina all’articolo dell’editorialista del Corriere della Sera Gian Antonio Stella. Un fondo in cui ha parlato dei nostri rapiti mettendo in rilievo la sensazione di solitudine e abbandono che vive la nostra collettività da quando si è conclusa la terza missione antisequestro a carico del commissario Filippo Bonfiglio. L’ultima a tutt’oggi. Altre, quelle che “l’Unità di Crisi continua a finanziare” per ora in Venezuela non sono approdate.


La verità è che il problema dei sequestri in Venezuela, finalmente rimbalzato sui media italiani, è tanto grave che va affrontato con serietà e non può essere liquidato con poche parole. E neanche con soluzioni parziali.


La Farnesina ha indicato nel contempo la necessità di ampliare le competenze dell’Ufficio di Collegamento della Polizia di Stato, già attivo presso la nostra Ambasciata a Caracas, attualmente impegnato esclusivamente sul versante della lotta al narcotraffico, al fine di assicurare la massima continuità e sistematicità nel contrasto del fenomeno dei sequestri” si legge tra l’altro nella nota del Ministero degli Esteri. Pensare che lo stesso esperto, che svolge le indagini riguardanti il narcotraffico, possa seguire con altrettanta serietà i casi dei nostri sequestrati è quantomeno ingenuo. Basta solo ricordare che, in un territorio vasto tre volte l’Italia, abbiamo rapiti in zone lontanissime tra loro e, come se non bastasse, sotto la giurisdizione di diversi corpi di polizia e Guardia Nazionale. Riuscire a tessere rapporti di collaborazione e stima con tutti loro è un compito difficile e delicatissimo. Variano anche le tipologie dei sequestri da una zona all’altra del paese. Una ragnatela in cui è molto complicato districarsi. Sarebbe davvero chiedere troppo ad un esperto già occupato nell’altrettanto difficile impegno della lotta al narcotraffico. Ed invece, come giustamente sottolinea la nota del MAE, risultati concreti hanno ottenuto i membri della missione antisequestro grazie alla loro serietà professionale. Probabilmente oggi non avremmo otto italiani nelle mani dei sequestratori se il loro mandato invece di essere interrotto, fosse diventato permanente.


Le innumerevoli volte in cui abbiamo chiesto un esperto antisequestro “permanente” lo abbiamo fatto perchè conosciamo bene il paese, la sua geografia, e sappiamo quanto sia difficile arginare un problema che tutti gli indicatori prevedono in crescita. Non bastano i contentini per gettare un po’ di fumo negli occhi. Non basta continuare a finanziare missioni che, a quanto pare, languono tra polverose pratiche burocratiche senza riuscire a varcare l’oceano. Il problema è drammatico e va affrontato con serietà e rapidità. Esistono esperti di ogni tipo in giro per il mondo. In Venezuela abbiamo bisogno di un esperto antisequestro “permanente”.


Non è un capriccio. Ci sono in gioco vite umane, ci sono in gioco persone che, anche quando escono vive dalla tragedia del sequestro, restano segnate per sempre da quell’amara esperienza. Che non si dimentica, che ti cambia dentro.  Ci sono in gioco anche famiglie che si smembrano perchè vivono in zone particolarmente a rischio. Restano i padri, i mariti, che, non potendo abbandonare il lavoro, allontanano moglie e figli. Per paura.


È deludente la nota emessa dall’Unità di Crisi.


Lungi dal dare una risposta concreta, promette di nuovo solo “briciole, briciole, briciole” come ha giustamente sottolineato l’editorialista Gian Antonio Stella.