Ciampi esclude un “bis”: “Chiuderò con dignità”

ISTANBUL – Dice Ciampi: “L’unica mia aspirazione è portare a termine con dignità il mandato che mi è stato affidato nel maggio 1999”. Il presidente guarda per un attimo dritto negli occhi i cronisti che gli hanno chiesto cosa pensa della proposta di Fini di ricandidarlo per un altro settennato. Quello del presidente è uno sguardo interrogativo. Come a dire: avete capito? A scanso di equivoci, aggiunge: “Voi sapete quale significato attribuisco al termine dignità”.


Dunque la parola chiave è questa: dignità. Nella lingua italiana, basta leggere lo Zingarelli, esprime la condizione di chi è o si rende meritevole del massimo rispetto. Nel lessico ciampiano, portare a termine con dignità, di fronte a ognuna delle delicate decisioni che gli competono (ad esempio, nomine, o promulgazione di leggi: elettorale, ex Cirielli, par condicio, finanziaria, o di ogni altro genere), significa turarsi davvero le orecchie con la cera per non sentire richiami o lusinghe e ascoltare invece solo la voce della propria coscienza. Significa essere fino in fondo garante imparziale delle istituzioni, alta magistratura autonoma, e anche saggio amministratore del proprio vero interesse.


E quale può essere il vero interesse di un presidente che compie 85 anni fra 15 giorni e che nella sua vita ha avuto un cursus honorum invidiabile come il suo, lungo le più alte cariche dello Stato, ricoperte con un prestigio indiscusso, premiate da una popolarità davvero inattesa, bipartisan? Certamente non quello di guadagnare appoggi per nuovi incarichi. Il presidente ne ha ragionato più di una volta, in questi anni di Quirinale, con i collaboratori e con ospiti ai quali si è aperto a qualche confidenza più intima. E cosa ha detto?


A proposito di dignità, ha raccontato più volte un aneddoto che costituisce uno dei suoi riferimenti morali: uno dei suoi ex compagni di studi della Normale gli ha detto che il padre, morendo, gli ha lasciato un testamento di cui va fiero: spiega che ha sempre agito in modo che i suoi eredi conservassero di lui l’immagine di probità e di dignità a cui aveva sempre tenuto. E con tanta più accortezza lo ha fatto negli ultimi anni della sua vita. Ecco il modo di uscire di scena con dignità, secondo Ciampi.


Lo stesso presidente, in un incontro conviviale con dei giornalisti che risale a tre anni fa, disse delle frasi illuminanti a questo proposito. Vedete, spiegò, io sono un uomo fortunato. Ho avuto dalla vita più di quel che avrei potuto immaginare. Dopo il vertice della Banca d’Italia non mi aspettavo di diventare presidente del Consiglio, e poi ministro del Tesoro, e tanto meno capo dello Stato. Tutti incarichi inattesi. Quello che più mi ha appassionato è stato il Tesoro. Ora sono qui, disse il presidente guardando ai tre anni e più che lo separavano dalla fine del mandato, e penso che la cosa più importante sia svolgere l’incarico sempre con dignità, fino alla fine.


Anche quella volta l’accento fu messo su quella parola. Conferma l’immagine di questo presidente, che su alcuni punti politici e morali ha convinzioni ferme, immutabili, a distanza di anni. Lui stesso, oggi, ha voluto rassicurare gli italiani dicendo che in questi sette anni (“sei e mezzo”, ha corretto ieri chi gli faceva la domanda) su nessuno degli impegni assunti ha cambiato idea. “Il giuramento che prestai quale presidente della Repubblica italiana il 18 maggio 1999 – ha detto – è la stella polare del mio settennato”.