Arrivò il Metro, e fu il disastro

CARACAS – Gli italiani del bar Tinaja sono tra i primi sbarcati in Venezuela. Sono veterani, avanguardie. Hanno in media più di sessant’anni, e chiacchierano ad un unico tavolo nel bel mezzo del casino di Sabana Grande.Visti da lontano, isolandoli dai rumori e dal caos circostante, potrebbe sembrare una scena rubata a qualsiasi bar di provincia italiano, di quelli che pullulano da Lampedusa alla Valle d’Aosta, animati da vecchietti che giocano a carte, sorseggiano l’espresso, e lanciano un’occhiata alla barista. Gli italiani della Tinaja invece non si trovano nei paesini medioevali toscani, stanno nel bel mezzo del boulevard, l’unico del Venezuela, immersi in un casino a cui probabilmente non avrebbero voluti esser condannati (o forse sì?). Non ci sono né le carte, né l’espresso e davanti agli occhi hanno un edificio, il Manaure. Me lo indicano perché loro l’hanno visto occupare da almeno un paio d’anni, ed era di proprietà d’italiani. Cose della vita. Chiedo loro se il boulevard non sia peggiorato in questi anni, chiedo loro di scavare nei ricordi. Mi rispondono ridendo. Tutti.


 Peggioratoun po’?’ Ma girati attorno, non vedi cosa è diventato?” dice il signor Tommaso, dal ’49 in Venezuela. Interviene il signor Puzzuoli: “La domanda è mal posta, il boulevard è peggiorato?  Guardi, è stato come passare dalla padella alla brace, con la differenza che prima nella padella gli italiani ci stavano meglio”.


Un altro connazionale si perde in un’affascinante retrospettiva: “Quando io sono arrivato qui era come Via Veneto, poi c’è stato il decadimento, ma guardi: non confondiamo le cose. E’ tutto il Venezuela ad esser peggiorato in questi ultimi 20 anni, non solo Sabana Grande”. Sempre il signor Tommaso: “Qui c’erano i più bei negozi di Caracas, poi è arrivato il Metro, e da quando è arrivato è  stato un disastro, perchè col metro è arrivata anche la delinquenza, i venditori ambulanti, la sporcizia, l’invivibilità”.


Le faccio un esempio – interviene un’altra volta il signor Puzzuoli – vede là? Là c’è una banca. Bene, può non credermi, ma le garantisco che negli anni’50 venivano lasciati davanti la porta i sacchi con i soldi, al mattino quando apriva il banco il commesso li prendeva, nessuno si permetteva di toccare niente”. Durante la nostra discussione il tavolo cambia ospiti, alcuni se ne vanno, altri arrivano e tutti vorrebbero parlarmi del consolato, dell’ambasciata, di come si sentono dimenticati. Concludo la mia conversazione con una provocazione: “Perchè non tornate in Italia?”, il coro è unanime. Dopo tanti anni si sono abituati al Venezuela, e qui vogliono restare.