Il Natale dei rapiti

VICENZA – Mentre cresce l’apprensione per la sorte dei cinque turisti italiani, tre padovani e due milanesi, in mano ad una banda di rapitori nello Yemen, nel Veneto perdura l’ansia per la sorte di un’altra italiana: Giorgina Frigo, un’imprenditrice 33enne originaria di Vicenza, sequestrata in Venezuela, della quale non si hanno più notizie da oltre un mese e mezzo.


Sposata con un imprenditore sudamericano di origini salernitane, Jose Cataldo Rivas, la donna è stata rapita il 15 novembre scorso insieme al figlio Giorgio di tre anni a El Tigrito, nello stato di Anzoategui. Nelle stesse ora in cui si attendono notizie positive da Sana’a, la prefettura di Vicenza ha confermato di non aver più avuto notizie dalla Farnesina sulle sorti della donna a capo della società “Servicios y Costrucciones Reych”, ereditata dal padre. Non c’è stata, quindi, come era stato annunciato in quei giorni da fonti venezuelane, una soluzione rapida del sequestro.


Sulla vicenda c’è un silenzio che si protrae dall’unica richiesta di riscatto avanzata dai malviventi alcuni giorni dopo il sequestro. Al marito di Giorgina vennero chiesti tre miliardi di bolivares, ossia 1,2 milioni di euro. Il rapimento della vicentina fu un’azione programmata: una testimone oculare, Yamira Parejo, che dalla finestra della sua cucina vide le fasi del sequestro raccontò che la Frigo era al volante del suo fuoristrada quando un’automobile argentata e senza targa la tamponò. Tre persone, armate di fucili e pistole scesero immobilizzando madre e figlio, prima di dileguarsi.


Ma non solo la Frigo e il piccolo Giorgio hanno passato un Natale forzatamente lontano dalla famiglia. Attualmente, restano in mano alla malavita venezuelana un’altra italiana, la 36enne Anita Capuozzo, sequestrata il 20 agosto scorso; e tre italovenezuelani: Renzo Potti di Valencia, Ornella Ferranti di San Cristóbal e Marco Russo, 29 anni, rapito a Barquisimeto lo scorso maggio. Nel tentativo di aiutare le autorità venezuelane a giungere a una soluzione di questi casi è in Venezuela il commissari di PS Emanuele Trofé, esperto in sequestri di persona.


Notizie contrastanti giungono dal Medio Oriente, dove, dopo un momento in cui si temeva una rottura delle trattative, è stato riallacciato il dialogo con i rapitori dei cinque turisti italiani sequestrati la scorsa domenica da un gruppo tribale, che chiede al governo yemenita la liberazione di otto suoi uomini condannati per omicidio. Il negoziato è stato affidato dal governo yemenita a una delegazione di sceicchi. Incerto l’evolversi delle trattative: fino al pomeriggio regnava l’ottimismo, in particolare negli ambienti governativi di Sana’a. Poi però, in serata, arrivava la minacciosa dichiarazione di un portavoce dei rapitori, diffusa dalla tv Al Jazira: “Il governo non collabora, siamo pronti a ricorrere a misure estreme”. “Consegneremo gli stranieri solo quando saranno soddisfatte le nostre richieste – ha aggiunto il portavoce, che ha dichiarato di chiamarsi Habid Salih. – Vogliamo continuare a trattare. Occore però fermare le pressioni su di noi”, alludendo al dispositivo militare che ha stretto d’assedio la zona in cui risiede la tribù. “Non abbiamo da dare alcuna risposta ai familiari dei turisti italiani- ha concluso Salih – l’unica cosa che vogliamo è che il governo lasci liberi i nostri parenti”.


Nella foto: il villaggio yemenita dove sono custoditi gli ostaggi italiani