Unipol, intercettazioni: indagato cronista del Giornale

MILANO – La procura meneghina ha aperto un’inchiesta sulla pubblicazione martedì scorso, da parte del quotidiano “Il Giornale”, di un’intercettazione telefonica tra Piero Fassino, segretario dei Ds, e Giovanni Consorte, ex numero uno di Unipol, dimessosi dalla carica di amministratore delegato della società assicurativa in seguito agli sviluppi delle inchieste Antonveneta e Bnl. Quelle intercettazioni non sarebbero mai state utilizzate ai fini dell’inchiesta sulla scalata ad Antonveneta, e quindi avrebbero dovuto restare segrete; di qui l’accusa: divulgazione di atti coperti da segreto d’ufficio.


“Il nostro dovere è dare notizie. L’abbiamo fatto e continuereno a farlo” ha replicato Giovanni Belpietro, direttore del quotidiano della famiglia Berlusconi. Gianluigi Nuzzi, il giornalista autore dell’articolo incriminato, ha aggiunto: “Quelle intercettazioni non sono né illegali né abusive, perché sono state delegate dall’autorità giudiziaria di Milano”.


Per i Ds ha parlato tra gli altri l’onorevole Massimo Brutti, il quale anzitutto sottolinea come proprio le intercettazioni pubblicate dal Giornale “dimostrano inequivocabilmente un fatto: non c’è nulla che possa essere addebitato a Fassino e ai Ds”. Poi chiede che sia fatta luce su come quei documenti abbiano potuto finire in mano a un giornalista: “Vi sono pubblici ufficiali che hanno estratto la registrazione della telefonata, l’hanno trascritta e l’hanno fatta pervenire, per intero o a pezzi, al giornale della famiglia Berlusconi. A differenza dei brani di telefonate pubblicate dal Corriere della sera e da Repubblica durante la scorsa estate – prosegue l’esponente diessino – che riproducevano intercettazioni correttamente allegate dall’autorità giudiziaria ai provvedimenti cautelari emessi, in questo caso è stato pubblicato un testo che i magistrati avevano ritenuto del tutto inutile ai fini dell’indagine e che perciò era segreto. Siamo infatti di fronte per la prima volta dall’inizio di questa vicenda a un’azione illecita compiuta allo scopo di danneggiare un esponente politico, estrapolando alcune frasi, manipolandone il significato, e cercando di montare l’ennesima infima speculazione contro i Ds”. “Ce n’è abbastanza – conclude Brutti – per pretendere l’accertamento della verità e l’individuazione dei pubblici ufficiali che hanno mancato gravemente ai propri doveri istituzionali”.