L’opinione: l’amnistia e quelli della RSI

Anno nuovo, carceri vecchie. Per di piú sovraffollate. In celle individuali s’alloggiano sino a sei detenuti. E’ facile intuire le condizioni disumane di comprensori che non offrono nemmeno la possibilità di lavorare, quindi di preparare i detenuti al futuro reinserimento nella società. Così come sono, le carceri italiane sono scuole di delinquenza. Non credo che il grande Cesare Beccaria quando scrisse «Dei delitti e delle pene», avesse in mente questo panorama.


 


Allora tiene banco la questione dell’amnistia, fortemente osteggiata dalla Lega, che vuole che «giustizia sia fatt », ovvero che la pena si sconti tutta, proprio tutta. Calderoli e Castelli ne fanno una questione di principio.


 


Non è certo una richiesta incomprensibile. Proviamo ad abbracciare per un momento siffatta proposta: che c’è di più logico che il delinquente paghi il suo debito verso la società per intero? Però è bene ricordare alla Lega che lo zelo che dimostra nel volere che il detenuto sconti la sua pena senza riduzioni dovrebbe dimostrarlo anche nell’impegno di offrire condizioni umane, cioé carceri che siano conformi con lo “stato di diritto” che vige in Italia. Queste condizioni solo si possono avere costruendo nuove carceri.


 


Ma qui mi par di sentire più di un cittadino insorgere: “Con tante opere pubbliche da fare e portare a termine e in una situazione economica difficile, proprio carceri dobbiamo costruire?”. Ebbene sì, se si vuole garantire una pena umana in rapporto a una serie di delitti che non tolgono l’umanità al detenuto. Almeno in teoria, il carcere è un istituto di rieducazione. E’ una questione di giustizia, come Calderoli e Castelli sostengono (e “l’abbraccio” alla Lega finisce qui).


 


Ma è evidente che carceri nuove non si costruiranno. Come porre rimedio alla situazione diventata ormai insostenibile? Con l’amnistia, che così posta è già snaturata. Perché l’amnistia non dovrebbe essere fatta per equilibrare la popolazione carceraria e quindi per rispondere alla poca efficienza dei passati governi così come dell’attuale. L’amnistia – quella autentica – si nutre di un altro spirito, quello invocato dal Papa, e quello che si ispira all’umanesimo ateo, secondo il quale, in mancanza di Dio, solo l’uomo può aiutare l’uomo a redimersi.


 


Questo comporta la comprensione della debolezza dell’uomo, così pure delle condizioni che conducono a delinquere, senza nulla togliere alla libertà dell’individuo dinnanzi a tali condizioni e quindi alla necessaria responsabilità che tale libertà comporta. Si è responsabili anche, e forse soprattutto, dinnanzi a condizioni avverse. Ma anche la società è responsabile, in quanto tali condizioni sono, appunto, sociali, e lo spirito di una amnistia forse, tra tanti altri aspetti, ha le sue radici nella comprensione di questa responsabilità che la società ha verso gli individui.


 


Comunque si può offrire anche un argomento più pratico, meno «filosofico». Cari italiani, se non volete che le carceri continuino ad essere per lo più raffinate scuole di delinquenza, bisogna costruire condizioni carcerarie contrarie alle presenti. Altrimenti presto scivoleremo verso istituti penali di tempi che credevamo superati e che, purtroppo, sussistono in paesi che non hanno nella loro cultura di base l’umanesimo di cui può vantarsi un italiano. E teniamo presente che nelle carceri, a causa di un disguido, ci vanno finire – alle volte per molto tempo – anche innocenti. Perché la giustizia umana è, come tutto ciò che l’uomo fa, fallibile. La comprensione di questo fallire, sempre in agguato, dovrebbe condurre alla prudenza.


 


Vedremo come andrà a finire dopo queste feste la questione dell’amnistia, che, vada come vada, possiede già i limiti sopra citati.


 


Quello che realmente sorprende nella politica del governo di centrodestra, che tanto parla di giustizia, è la proposta di legge, che inizierà a discutersi verso la metà di gennaio, di rinoscere agli ex combattenti della Repubblica di Salò le stesse condizioni dei partigiani.


 


Qui dire che si è perplessi è solo una cortesia. Fino a dove ne sappiamo, quelli di Salò erano nazi-fascisti. Tralasciamo tutte le atrocità commesse da siffatte bande armate che si sono volute riconoscere più nel delirante sogno del Terzo Reich che nel bene dell’Italia. Tralasciamole nello spirito di quell’amnistia a cui si è fatto riferimento. Però ciò non toglie che equiparare quelli di Salò ai partigiani è come dire che tutti lottavano per la libertà.


 


Ora, sostenere che i nazi-fascisti lottassero per la libertà – avendo il loro leader (un tal Mussolini) firmato le leggi antisemite, ovvero, avendo firmato una serie di leggi secondo le quali un uomo non è uomo se appartiene a un determinato popolo con la sua cultura particolare e differenziata, e che quindi non va trattato come un uomo ma come un animale (e sono sicuro che molti animali durante la seconda guerra mondiale sono stati trattati meglio di tutti coloro che, purtroppo, sono finiti in un campo di sterminio) – è come dire che Caligola è stato il miglior uomo di Stato che la storia ha conosciuto.


 


E’ grazie alla vittoria degli Alleati e ai partigiani che la mia generazione ha potuto esprimersi in piena libertà. Nessun nazi-fascista ha lottato per la libertà. Essendo uomo, come tutti, ha solo lottato contro l’uomo. Un caso lampante di temporanea perdita della ragione. Perché un uomo che lotta per negare l’umanità a un altro uomo, prima di uccidere l’altro, uccide sé stesso. La Repubblica di Salò è il cimitero di tali “suicidi”. La storia insegna anche questo, perché l’uomo può veramente tutto, e nella parola giustizia ci può mettere – avendo solo il potere come guida – qualsiasi cosa.


 


Anche le leggi antisemite, le deportazioni, i campi di sterminio. Ma spero che ci rifiuteremo di chiamare “libertà” queste leggi, queste deportazioni, questi stermini. La libertà è garantita da uno stato di diritto e, più filosoficamente, è il regno dove l’uomo, con o senza Dio, aiuta l’uomo al di là di qualsiasi differenza.


 


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