Lite sulla “par condicio”

ROMA – La politica italiana ha trovato un nuovo argomento su cui avvitarsi: la “par condicio”, ossia l’equità di esposizione mediatica che la Rai, per legge, è tenuta a garantire agli schieramenti politici prima delle elezioni. Da una parte Berlusconi, che liquida così l’argomento: “La par condicio non è solo una legge illiberale, è una legge liberticida”. Per poi aggiungere: “Non vi è alcuno scontro con il presidente Ciampi”, che venerdì scorso ha inviato una lettera alla commissione di vigilanza Rai chiedendo che sia garantita da subito la par condicio. E invece, per il Cavaliere, ma anche per tanti esponenti del Polo (a cominciare dal ministro delle Comunicazioni, Mario Landolfi), i vincoli della legge potranno valere solo dal momento dello scioglimento delle Camere e della convocazione dei comizi elettorali. E anche il commento del presidente del Senato Marcello Pera, per il quale la lettera di Ciampi ha un “valore morale”, sembra escludere implicitamente che se ne possa derivare la necessità giuridica di applicarne le regole prima dello scioglimento delle Camere. In questa situazione, sostiene il capogruppo di Forza Italia alla Camera Elio Vito, Berlusconi non solo può andare in tv, ma ha addirittura il dovere di far conoscere agli elettori l’operato del governo.


Si smarcano dal resto della Cdl i centristi dell’Udc e in particolare il presidente della Camera, Casini, che rigetta l’idea di uno scontro tra capo dello Stato e Polo; quanto alle parole di Berlusconi, “ne risponde il presidente del Consiglio”. Commenta Romano Prodi: “Prima di tutto ci dovrebbero essere delle regole. Perchè se i politici non hanno autocontrollo… Io cerco di averlo, infatti vado in modo molto parco alla televisione, anche perchè poi la gente si rompe le scatole”.