“Vignette sacre”

Il ciclone che si è abbattuto sulle vignette e sulle caricature dopo il caso del licenziamento del direttore di «France Soir» ci conduce a un’attenta riflessione sul significato del ridere, non solo considerando la reazione dell’Islam ma sopratutto circa il senso profondo della cultura occidentale. In nome di che ci è data licenza di dissacrare qualsiasi cosa, da Gesù a Maometto o quant’altro?


 


Un frammento postumo (16) datato giugno-luglio 1883, e contrassegnato come il quaderno 11 dell’opera di Nietzsche, ci aiuta a indirizzare la polemica verso un contenuto più “serio” della satira. In tale frammento si legge: “Vada pure in frantumi tutto quanto può andare in frantumi per le nostre verità! Ci sono ancora parecchi mondi da costruire!”.


 


Ci sono quindi “verità occidentali” che autorizzano a dissacrare in funzione della creazione di mondi nuovi, di nuovi linguaggi. E’ sempre Nietzsche a dire che il suo “profeta”, Zaratustra, insegna a “ridere la verità”. Attenzione! Non si dice “ridere della verità” ma, bensì, esprimere la verità nella risata, per quel che ci riguarda, nella verità della satira, anche quando investe le religioni. Anzi, più queste si presentano come “rigide” (fanatiche), più la risata è non solo autorizzata, ma è una forza che sgorga spontanea.


 


Un altro filosofo, Bergson, in un saggio sul significato del comico, intitolato “Il riso”, scrive: “Questa rigidità è il comico, e il riso ne è il castigo”. La satira è quindi il castigo per tutto ciò che si pone come “troppo duro”, rigido, appunto. Ancora Bergson fa notare che “si comprenderá allora il comico nella caricatura. Per quanto regolare sia una fisionomia (e ció vale, aggiungo personalmente, anche per la “fisionomia di una cultura o di una religione”), per quanto armoniosi si possono supporre i lineamenti, per quanto agili i movimenti, l’equilibrio mai ne risulta perfetto. Vi si scorgerà sempre il segno di una piega che comincia, l’abbozzo di una possibile smorfia, infine una deformazione preferita in cui si deforma piuttosto la natura. L’arte del caricaturista sta nel cogliere questo movimento talvolta impercettibile e di renderlo visibile ingrandendolo. (…) La sua arte, che ha qualcosa di diabolico, richiama in vita il demone che l’angelo ha sotterrato”.


 


Arte non gradita ai fanatici né ai dittatori. Per questo motivo, il grande scrittore paraguayo Augusto Roa Bastos, ci permette di leggere nel « Yo el supremo » il seguente passaggio rispetto ai detenuti politici: “Se jactan de haber sido el verbo de la Independencia. ¡Ratas! Nunca la entendieron. Se creen dueños de sus palabras en los calabozos. No saben más que chillar. No han enmudecido todavía. Siempre encuentran nuevas formas de secretar su maldito veneno. Sacan panfletos, pasquines, libelos, caricaturas”.


 


Possiamo sostenere che in Occidente e per l’Occidente le vignette sono sacre nella misura in cui la veritá presso la nostra cultura si esprime anche, e sopratutto, nel ridere, e che questo riso frantuma ció che puó essere frantumato per costruire mondi nuovi. Contro la pietrificazione della religione – che si esprime anche come politica, in quanto guida delle coscienze e quest’ultime delle condotte corporali e del corpo tutto (non solo quindi dell’anima come si vuole far credere) – rivendichiamo il movimento della libertá, non solo d’espressione, ma di quella piú radicale del ridere. Perché poter ridere e sdrammatizzare è qualcosa di molto serio, perché la risata è seria, e perché nulla vieta di dire la verità ridendo.


 


Spetta alle diverse religioni non lasciarsi frantumare da una vignetta, perché una religione che si risente per una vignetta è realmente qualcosa di molto debole (forse una barzelletta essa stessa). Il passaggio di Nietzsche è molto preciso: “Vada pure in frantumi tutto quanto può andare in frantumi per le nostre verità!” Tutto quanto può andare in frantumi. Ció vuol dire che una religione solida e realmente praticata, in virtú della fede stessa, non puó andare in frantumi, e molto meno per una vignetta.


 


In ogni caso, se venissimo rimproverati per non rispettare il sacro, va ricordato che la libertá di ridere e di esprimere il riso, é per noi occidentali essa stessa sacra. Sacro contro sacro quindi, e non sacro contro profano come la maggior parte della stampa ha riportato e riporta.


 


Come decidere quale sacralitá é piú importante? Non c’é altro criterio, essendo state pubblicate tali vignette in un quotidiano europeo (che non é lettura obbligatoria, ma libera scelta), se non sostenere la sacralitá dei nostri valori (non ho citato a caso due illustri filosofi europei) come “piú importanti” in confronto ai valori di altre civiltá che possono, se lo considerano opportuno, ridere, a loro volta, dei nostri valori (facendolo, peró, ci affermano, visto che la libertá di ridere rappresenta il sacro dell’Occidente moderno).


 


Naturalmente, un’altra questione, del tutto politica e non filosofica, é se fosse il caso – visto le forti tensioni tra l’Occidente e l’Islam scatenatesi dopo l’11 settembre e con la guerra in Irak – di ridere proprio ora su tale e quale religione. Ma é un assunto prammatico, non di principi e valori. Su questo si puó e si deve discutere (qualcosa, tra l’altro, che solo l’Occidente moderno permette in tutta la sua portata). Ma ció che non puó essere messo in discussione, senza rinnegare ció che siamo in quanto occidentali, é la libertá di satira, di caricatura, libertá del ridere, libertá di “ridere la veritá”  (anche noi abbiamo i nostri limiti, cioé su questo punto siamo “rigidi”. L’”elasticitá” della libertá  di discussione si ferma laddove la libertá di discussione stessa é minacciata. Non siamo poi cosí tanto relativisti o nichilisti come potremmo sembrare a prima vista).


 


E comunque, non possiamo scaricare la responsabilitá solo sui direttori dei giornali e sui vignettisti di ogni tipo, perché, come ricorda Bergson (un francese morto, ma non “licenziato”): “noi non gusteremmo il comico se ci sentissimo isolati. Sembra che il riso abbia bisogno d’un eco”.  Quell’eco siamo noi, quelli che ridiamo con assoluta “serietá” e che non siamo stati licenziati.


 


Ci tengo poi a precisare – visto i diversi interventi, dal Presidente della Repubblica Ciampi al Papa, circa l’impegno di mantenere la libertá di pensiero nel dovuto rispetto – che “ridere” non é uguale a “deridere”.  Mentre la prima azione é espressa dal nostro dizionario come “far con la voce e con la bocca segno d’allegria, rallegrarsi”, seppure in questo caso attraverso la satira, “deridere” significa “schernire, dileggiare” e contiene un elemento di disprezzo e di umiliazione non presente nel ridere.



 


Il rallegrarsi contenuto nel ridere di una vignetta non é una derisione, sia questo chiaro. E, comunque, il rispetto verso altre religioni o culture a cui si richiama agli occidentali deve essere corrisposto da sensibilitá meno esasperate. Perché se ci si offende con estrema facilitá, rispondendo ad una vignetta con degli incendi (le sedi diplomatiche poste in Siria della Danimarca e della Norvegia) siamo dinnanzi ad un classico esempio di eccesso di legittima difesa della propria, in questo caso, fede.


 


Quindi, alle religioni di ogni sorta solo possiamo suggerire “que no se pongan cómicas” ricominciando con i “roghi” e quant’altro – visto che la storia delle religioni é piena di violenza e non é adatta ai minori – (dov’era il rispetto a quei tempi? Rispetto che é stato insegnato prevalentemente dalla cultura laica e liberale).


 


Altrimenti… ridiamo.