Scandalo Parmalat, interdetto Geronzi

PARMA – Al presidente del Consiglio d’amministrazione di Capitalia, Cesare Geronzi, è stata notificata nella serata di martedì un’ordinanza di misura interdittiva del divieto temporaneo di esercitare uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese emessa dal Tribunale di Parma, ufficio del Giudice per le indagini preliminari. Il provvedimento è stato assunto nell’ambito del procedimento relativo alle vicende Parmatour e Ciappazzi, risalente al 2002, nel quale Geronzi è indagato.


Geronzi ha comunicato, tramite una nota stampa, di aver dato mandato ai suoi legali di impugnare il provvedimento. “Ho appreso con stupore e indignazione – si legge nella nota – della misura interdittiva disposta nei miei confronti, intervenuta quando le indagini, da tempo avviate, si erano già concluse” essendosi accertato che erano state avviate su “contestazioni prive di fondamento, tutte – conclude – già respinte e che fermamente respingo ancora una volta”.


La misura interdittiva per il presidente di Capitalia Geronzi – secondo fonti investigative – è stata decisa per il pericolo di reiterazione del reato. L’ordinanza, notificata ieri sera dalla Guardia di Finanza di Bologna, e’ stata decisa dal Gip di Parma Pietro Rogato, che ha accolto la richiesta del Pm Vincenzo Picciotti, che aveva già firmato l’avviso di fine indagini contro Geronzi e altri manager di Capitalia. Già negli ultimi mesi del 2005, nell’ambito dell’inchiesta sul crac di Parmalat, la procura emiliana aveva meditato di richiedere la misura, ma poi la richiesta non era stata formalizzata. Oltre che all’indagine sull’affare delle Acque Ciappazzi che Calisto Tanzi acquistò dall’allora gruppo Ciarrapico dietro la regia – secondo l’accusa – proprio del presidente di Capitalia, dietro la misura interdittiva c’è soprattutto l’indagine su alcuni finanziamenti concessi nei primi anni 2000 al gruppo turistico di Tanzi.


Tra le “operazioni dolose” contestate a Geronzi – che nell’inchiesta è indagato per concorso in bancarotta fraudolenta e usura – c’è quella di aver “indebitato” Parmalat spa, attraverso un finanziamento di Banca di Roma, per 50 milioni di euro, “affinché la stessa potesse a sua volta erogare al gruppo viaggi un finanziamento ponte di 46,5 milioni di euro circa, indispensabile a garantire la sopravvivenza nelle more del raggiungimento di un accordo con gli altri istituti creditori”.


Geronzi – sempre secondo le carte dell’inchiesta – avrebbe “organizzato e predisposto, grazie all’appoggio della ‘banca agente’ Medio Credito Centrale (gruppo Banca di Roma, ndr), una convenzione interbancaria di ristrutturazione del debito del gruppo viaggi integralmente basata su un piano di rilancio industriale giudicato ‘non credibile’ dagli stessi consulenti interni della banca e sulla macroscopica falsificazione dei valori patrimoniali della neo-costituita società capogruppo Parmatour spa, il cui capitale veniva in larga parte fittiziamente formato”. Un capitale che, sempre secondo la procura e la Guardia di Finanza, sarebbe stato “fittiziamente” formato anche “mediante il conferimento dei rami di azienda delle società Hit spa e Hit International spa avvenuto a valori palesemente gonfiati”. Geronzi avrebbe poi “prorogato, a marzo 2003, il finanziamento ponte”, nonostante “sin da dicembre 2002 la stampa specializzata avesse diffuso allarmanti notizie circa i bilanci del gruppo Parmalat finanziaria” e nonostante gli ammonimenti seguiti a “un’analisi interna condotta dalla stessa Funzione Large corporate di Capitalia”.