CARACAS.- Si chiamava Tommaso Callerame. Era un italiano per il quale il
“sogno americano” s’era perduto nello spinoso cammino d’un Paese
sconosciuto. Anche lui aveva custodito un sogno, un sogno al quale la sorte
tentata oltre il confini della propria patria non aveva sorriso. Per quei
casi inspiegabili della vita, e ve ne sono tanti nella complessa storia
dell’emigrazione italiana nel mondo, chi ha lasciato il proprio paese con la
speranza di una vita più degna, s’è ritrovato purtroppo a viverne una
reietta e inimmaginabile. Tommaso Callerame è spirato lo scorso sabato 25
marzo ed il suo corpo è stato colocato accanto ad altri corpi anonimi
presso la “Morgue”, dove, se in un certo lasso di tempo prescritto
dall’apposito regolamento nessuno ne reclamerà il cadavere, sarà gettato
nella fossa comune chiamata “La Peste” del Cimitero del sud di Caracas. La
storia di Tommaso ce la riassume a brevi tratti Padre Zelindo, il nostro
caro Padre Zelindo della Missione Cattolica Italiana, colui che da anni,
assieme a tante altre persone di buon cuore si dedica ad aiutare per quanto
è possibile, almeno con dei pasti caldi e regolarmnente serviti nella sede
della stessa Missione, i connazionali meno abbienti, dimenticati dalle loro
famiglie e, troppe volte, da quelle stesse istituzioni debitamente
autorizzate dal Governo italiano che se ne dovrebbero prendere giusta cura.
Padre Zelindo ci riassume a brevi tratti la storia di Tommaso Callerame. Un
uomo che era stato sposato un tempo con una spagnola e che una volta
deceduta la moglie aveva iniziato a chiedere l’elemosina girovagando nei
pressi dell’Urbanizzazione Altamira di Caracas. Ne corrobora la versione di
padre Zelindo, Rita Pozzobon, che assieme a Francesca Granchelli del
COMITAS, aiutavano come potevano lo sfortunato connazionale. Molte volte il
buon Padre Zelindo aveva offerto a Tommaso Callerame l’ospitalitá della Casa
di Riposo “Villa Pompei”. La proposta era sempre stata rifiutata a priori
poiché, come sottolineava il nostro connazionale” prefriva sentirsi libero”.
E libero lo é stato e a sue spese, fino al giorno in cui, presso la
Pensione Mayorca, dove risiedeva, lo hanno trovato morto, É accaduto lo
scorso sabato 25 marzo. E tutto questo, forse, puó sembrare normale agli
occhi di quanti sono ormai tristemente abituati a storie ancora piú
spietate e, specialmente negli ultimi tempi, storie nelle quali la pietá e
la solodarietá che distingue gli esseri umani dalle altre speci, brilla
sempre piú spesso per la propria assenza. “Due giorni prima di morire-
afferma Padre Zelindo – avevo proposto di nuovo a Tommaso di andare a
rifugiarsi a “Villa Pompei” e mi aveva ancora ripetuto il suo diniego. Poi,
si é aggravato. Abbiamo chiamato i pompieri che purtroppo non sono accorsi
in tempo “per mancanza di automezzi, e a causa del traffico”. Abbiamo
trasportato noi stessi Tommaso presso l’Ospedale Clinico Universitario di
Caracas, dove gli hanno prestato alcune cure immediate ma hanno rifiutato di
ospitarlo “per mancanza di posti disponibili”. Ci siamo rivolti a Francesca
Granchelli che ha tentato in seguito con l’Ospedale Vargas dove non hanno
voluto neppure riceverlo. Giá Tommaso non parlava, aveva un problema alla
gola”. Padre Zelindo si é rivolto ad un medico amico presso l’Ospedale
Lidice, il quale era disposto ad accoglierlo per le ore 14,00 del martedí..
Ma quando i nostri buoni amici hanno bussato alla porta della stanza della
“Pensione Mayorca” giá non rispodeva piú nessuno. Sono accorsi i Pompieri,
hanno sfondato la porta e le spoglie di Tommaso Callerame sono state
trasportate alla “Morgue”in attesa…In atttesa di che? Magari che il
Consolato Italiano s’occupi di fargli avere una degna sepoltura? Possiamo
sperare almeno questo?
Un fatto analogo, accaduto a una signora d’origine spagnola, di ottanta
anni, rinvenuta esanime nel proprio appartamento, senza nessun parente che
s’occupasse di lei e le cui spoglie sono rimaste per ben ventotto giorni
presso la “Morgue” del Clinico di Caracas, sono state riscattate
dall'”Hermandad Gallega”, grazie all’intervento del Consolato i Spagna in
Venezuela e cristianamente inumate presso il Cimitero dell’Est, “La
Guajirita” dove l’Hermandad” possiede dei loculi per i suoi figli
necessitati e senza famiglia. Puó il nostro Consolato fare lo stesso? Oppure
dobbiamo accettare l’assurda idea che chi ha perduto la nazionalitá italiana
per motivi di lavoro, e non é piú riuscito a riacquistarla poiché non tutti
hanno la possibilitá di affrontare un viaggio con relativo soggiorno in
Italia, é considerato dalla Madrepatria e in casi come questo di Tommaso
Callerame alla stessa stregua di un apolide?