Marini in Abruzzo inaugura il monumento all’emigrante

L’AQUILA – Il Presidente del Senato Franco Marini non ha voluto mancare, nonostante i tanti impegni al Senato, la cerimonia inaugurale del monumento all’emigrante. Nel suo discorso a braccio ha ricordato, con parole toccanti, ciò che ha significato nei due secoli scorsi per l’Italia l’emigrazione. In particolare per l’Abruzzo, specie quello interno e montano, come i piccoli paesi dell’altipiano – tra i quali San Pio delle Camere dov’ egli è nato 73 anni fa – che  fanno da corona alla chiesa di Santa Maria dei Centurelli, a Caporciano.  Lì, accanto all’antico tempio, è stata issata su un blocco di pietra del luogo la statua di bronzo, opera dell’artista Augusto Pelliccione. In aperta campagna, non casualmente, in quell’acrocoro che è meraviglia della natura dove da secoli si coltiva lo zafferano più buono del mondo, punteggiato di paesini dalle splendide architetture e di vestigia d’antichi castelli e fortezze sulle sommità dei colli, presidio di quelle comunità. Passava sull’altipiano il “tratturo magno”, la grande via della transumanza  – era larga oltre cento metri –  che dalle falde del colle dove nel 1254 venne fondata L’Aquila, si snodava fino alla Puglia, alla capitanata di Foggia, dove le greggi andavano per sei mesi a svernare. Dunque, su quel tratturo, per oltre 25 secoli,  dal tempo dei Sabini e dei Vestini – gli antichi popoli italici di questa parte d’Abruzzo – fino a qualche decennio fa, i pastori hanno contrassegnato la storia dell’emigrazione accompagnando le loro greggi verso il mare Adriatico e, più giù, nelle campagne del Tavoliere pugliese. Una vita dura e grama, specie in queste terre sassose dell’Abruzzo interno, dalle quali nei due secoli scorsi sono partiti per le Americhe, poi per l’Europa e l’Australia fiumi d’emigranti.


 


Il Presidente del Senato ne ha ricordato i numeri impressionanti, le emozioni, i sentimenti, le speranze, i disagi e le sofferenze, ma anche il contributo enorme alla crescita dei Paesi d’emigrazione e dell’Italia. Aspetti questi trattati con calore nel suo intervento intervento dal Vice Ministro degli Esteri,  Franco Danieli, con delega agli Italiani nel Mondo, la cui competenza nel settore è notoria quanto l’impegno che vi dedica,  anche per diretta esperienza per via dei genitori emigrati in Svizzera. L’uomo di governo ha richiamato l’importanza dei 18 parlamentari eletti all’estero, della loro opera in Senato ed alla Camera, in favore delle comunità italiane all’estero. Ben quattro di loro sono d’origine abruzzese (Angeli, Bafile, Micheloni e Razzi),  a significare quanta emigrazione abbia conosciuto l’Abruzzo – oltre un milione –  ma anche il ruolo che la comunità abruzzese si è guadagnato all’estero. Un’integrazione vera, quella degli italiani all’estero, che trova specchio nel prestigio di cui godono e nell’alta presenza nei Parlamenti nazionali, dove si contano oltre 350 eletti d’origine italiana, talvolta con funzioni di notevole rilievo istituzionale. Oltre quattro milioni sono oggi gli emigrati italiani iscritti all’Aire, con i diritti d’elettorato. Ma ben  più cospicuo è il numero degli emigrati d’origine italiana nel mondo, che nelle stime arriva fino a 60 milioni.  Danieli ha citato il dramma dei morti in viaggio sui bastimenti per le Americhe ed alcuni ricordi espunti dalle lettere degli emigrati. Il Governo ed il Parlamento devono, anche in loro memoria, le più opportune politiche di sostegno e di valorizzazione della presenza italiana nel mondo.


 


Ha richiamato la magia del luogo il Presidente della Regione, Ottaviano Del Turco. Ai Sindaci dei comuni dell’altipiano, ai tanti cittadini convenuti, agli emigrati presenti, Del Turco ha ricordato come la chiesa di Santa Maria dei Centurelli fosse la prima di tante stazioni di sosta che si snodavano lungo il tratturo, luogo di riposo per uomini e greggi, di devozione e di preghiera. Ma anche d’incontro e d’impegno civile. Pure nei tempi bui della dittatura del Ventennio, intorno a questa chiesa braccianti, agricoltori ed operai hanno continuato a festeggiare il Primo maggio, secondo un’abitudine mai venuta meno. Dunque un luogo d’elezione, d’impegno sociale. Qui sono passate la genti dell’altipiano in procinto di partire per le vie dell’emigrazione, a pregare, ad esprimere desideri e propositi. Questa la ragione della scelta di Santa Maria dei Centurelli per ergere il monumento all’emigrante. Starà qui a ricordare per sempre le memorie dell’emigrazione, ma anche a richiamare ora i doveri dell’accoglienza verso gli immigrati. Lo ha fatto da par suo Gian Antonio Stella, insigne editorialista del Corriere della Sera e scrittore, ricercatore attento sulle vicende dell’emigrazione. Nel suo intervento ha citato le storie più significative dell’emigrazione italiana, con alcune testimonianze giunte fino a noi. Ne ha richiamato i drammi, quanto gli italiani hanno sofferto, com’erano trattati veramente. Storie e valutazioni già così ben descritte nel suo libro “L’Orda – Quando gli albanesi eravamo noi”, che qualche anno fa, con Franco Marini, venne a presentare proprio all’Aquila. Dopo i discorsi, la benedizione del monumento impartita dell’Arcivescovo dell’Aquila, mons. Giuseppe Molinari, e quindi la scopertura della statua bronzea da parte del Sindaco di Caporciano, Dino Di Vincenzo. Mentre la banda intonava l’inno nazionale e poi, in raccoglimento, la tromba solista suonava il silenzio fuori ordinanza in memoria dei tanti emigrati caduti sui luoghi di lavoro,  il sole indorava la chiesa e la piana dei Centurelli con i colori del tramonto.